Le dichiarazioni di Pietro Ichino non sono passate inosservate a Fabiana Dadone. Intervistato dal Corriere della Sera, il ministro per la pubblica amministrazione ha replicato così al giurista, che ha definito lo smart working per i dipendenti pubblici una vacanza pagata: «Il rispetto non si insegna. La pubblica amministrazione non ha mai chiuso, ha sempre garantito i servizi essenziali ed è andata anche oltre col lavoro di medici e forze dell’ordine. Ma non solo. Sono orgogliosa dell’impegno di oltre 3 milioni di dipendenti pubblici: lo dico a chi fa finta di non vedere solo perché la critica fa più notizia». L’esponente del Movimento 5 Stelle ha tenuto a precisare che, a differenza di quanto si ipotizza, lo smart working aumenta la produttività: «I dati che abbiamo raccolto e l’assenza di problematiche rilevanti, nonostante l’organizzazione repentina, lo confermano».
FABIANA DADONE: “IN UFFICIO UNO SU TRE”
Non ci sono ancora novità sulla possibile proroga dello smart working fino a fine anno – per il momento è previsto fino al 31 luglio 2020 – e Fabiana Dadone ha tenuto a precisare che si è passati dal 10% di presenze in ufficio della fase 1 al 30% di oggi. Il ministro ha ribadito che non si tratta di alcuna vacanza e che niente è più facile rispetto a prima: «Lo smart working è più difficile del lavoro in ufficio, perché non tutti hanno questa flessibilità di pensiero e serve una formazione continua». Infine, una battuta sul “neologismo” smartabili: «Non amo prendere posizione sul genere maschile o femminile di “ministro” e allo stesso modo non amo il dibattito sulle scelte lessicali di matrice italiana o inglese. Sono una persona pratica: chiamatela come vi pare, la sostanza non cambia. Abbiamo fatto un protocollo con l’accademia della Crusca sulla chiarezza del linguaggio amministrativo, lascio dirimere volentieri la questione a loro».