Bancarotta Ilva, pubblicate le motivazioni della sentenza di assoluzione nei confronti di Fabio Riva, membro della famiglia ex proprietaria della celebre acciaieria. Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe concorso nel medio periodo al dissesto della società, risparmiando nel breve periodo i costi della tutela dell’ambiente e della salute. Lo scorso 5 luglio 2019, però, la gup Lidia Castellucci assolse Riva con la formula del «fatto non sussiste». Come riporta il Corriere della Sera, al giudice appare «francamente ardito sostenere che vi sia stato un “risparmio di costi” da parte di una società che – come indicavano i difensori Giampaolo Del Sasso e Salvatore Scuto – dal 1995 al 2012 ha sostenuto costi in materia ambientale di un miliardo di euro» e «di tre miliardi per impianti nuovi o ammodernati». Evidenziamo che il giudizio esclude gli elementi non ancora definiti da sentenza nel processo ambientale in corso a Taranto.
FABIO RIVA, BANCAROTTA ILVA: LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DI ASSOLUZIONE
La gup ha sottolineato che Ilva non si adeguò tempestivamente all’Aia riesaminata nel 2012, arrivando al commissariamento nel giugno del 2013, ma «solo una visione astratta e generale condurrebbe a una affermazione di responsabilità penale». Nelle motivazioni della sentenza è inoltre evidenziato che non sono stati ravvisati indici di fraudolenza necessari a dar corpo alla «prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei suoi creditori”, ma c’era anzi un “progetto di rilancio“», riporta Il Fatto Quotidiano. La gup ha inoltre specificato che il progetto di rilancio dell’Iva è stato pianificato, ma purtroppo non ha prodotto risultati: «Che tale progetto di rilancio non si sia verificato per l’avvenuto commissariamento ambientale di Ilva non priva di validità economica la scelta operata».