Faq Garante privacy, vaccino Covid dipendenti/ “Datore non può avere nomi vaccinati”
Il Garante per la privacy interviene sulla vaccinazione anti Covid per i dipendenti: le Faq ufficiali con tutte le precisazioni sul datore di lavoro

Il Garante per la privacy è intervenuto oggi con le Faq ufficiali pubblicate sul sito in cui risponde in maniera dettagliata ad alcune delle domande più frequenti in merito al trattamento dei dati relativi alla vaccinazione anti Covid in ambito lavorativo. Il datore di lavoro può chiedere ai propri dipendenti di vaccinarsi contro il Covid per accedere ai luoghi di lavoro e svolgere determinate mansioni, come ad esempio in ambito sanitario? Ed ancora, può chiedere al medico competente i nomi dei dipendenti vaccinati? O chiedere conferma della presunta vaccinazione ai propri lavoratori? A fare chiarezza ci pensa adesso il Garante per la privacy che ha spiegato come il datore di lavoro non possa acquisire neppure con il consenso dei dipendenti (o tramite il medico) i nominativi di coloro che hanno deciso di sottoporsi a vaccinazione, né può chiedere la copia delle certificazioni vaccinali.
Ciò che può fare il datore di lavoro, spiega sempre il Garante nelle sue Faq è “acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati”. Il consenso del dipendente non rappresenta, in casi simili, una condizione di liceità del trattamento dei dati.
FAQ GARANTE PRIVACY “DATORE LAVORO NON PUÒ AVERE NOMI DIPENDENTI VACCINATI”
Il Garante per la privacy ha fatto chiarezza anche su un altro aspetto: è possibile chiedere a un dipendente di vaccinarsi come condizione per accedere ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni come ad esempio in ambito sanitario? In merito il legislatore nazionale non si è ancora espresso. In attesa di un suo intervento nel quale possa eventualmente imporre il vaccino contro il Covid come condizione per lo svolgimento di determinate professioni, il Garante spiega che “nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi”. In un quadro simile solo il medico competente può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti ed eventualmente tenerne conto “in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica”. In merito al datore di lavoro, quest’ultimo dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico “nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore”.
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