Proprio a due passi dalla sentenza definitiva che potrebbe portarla in carcere per il resto della sua vita, la presunta infermiera killer (come da tempo era stata ‘soprannominata’ dalle pagine di cronaca) Fausta Bonino tornerà a raccontare la sua versione sull’accaduto durante la diretta odierna della trasmissione Le Iene: nonostante la Corte sembri propendere per l’ergastolo – infatti – la donna si è sempre professata del tutto innocente, sostenendo che le indagini a suo carico sarebbe state condotte in modo del tutto indiziario partendo dal presupposto che non potessero altri responsabili se non la stessa Fausta Bonino.
Tornando un attimo indietro nel tempo, è bene ricordare che di Fausta Bonino si parla fin dal 2014 quando è finita al centro di un’inchiesta per la morte sospetta di almeno 10 pazienti all’interno dell’ospedale di Piombino a quali sarebbe stata somministrata una dose letale di eparina: l’unica (certamente scarna) prova a suo carico fu che risultava essere in servizio nei reparti in cui si registrarono le morti in ognuno dei dieci casi e dopo una iniziale condanna all’ergastolo, un’assoluzione dalla Corte d’Appello, un rinvio dalla Cassazione – che la assolse per 6 omicidi e chiese un nuovo giudizio per gli altri 4 – e un nuovo ergastolo, presto si saprà quale sarà il destino definitivo di Fausta Bonino.
Fausta Bonino: “Sono innocente, condannata con un’inchiesta lacunosa e contraddittoria”
Insomma, non è ancora chiara quale sia la posizione della Cassazione sulle accuse mosse a carico di Fausta Bonino, ma al contempo sappiamo per certo che fin dall’inizio l’indagata (di fatto unica in questo singolare caso di cronaca) si è sempre continuata a professare innocente: una tesi che ha ribattuto solamente lo scorso luglio in un video di sfogo affidato ai social mentre era in attesa della sentenza d’Appello bis definendo fin da subito “la ricostruzione degli inquirenti (..) visibilmente contraddittoria e lacunosa“.
Dal conto suo – infatti – Fausta Bonino ricordò che la prova regina (i badge timbrati all’ingresso) venne smontata dai tanti testimoni che raccontarono che “capitava che sanitari di qualsiasi reparto timbrassero la propria uscita e poi tornassero in reparto”, così come nessuno avrebbe mai provato “come avrei fatto a somministrare ai pazienti la sostanza”: il punto secondo l’ex infermiera è che “le indagini sono sempre state a senso unico”, al solo e semplice fine di trovare “un facile capro espiatorio per mettere una pezza alle indagini lacunose”.