Entra sempre più nel vivo lo scontro sull’affidamento dell’organizzazione del Festival di Sanremo con il comune ligure che si è visto costretto ad indire un bando pubblico – con regole rigidissime che vedremo nel dettaglio nelle prossime righe – aperto a qualsiasi emittente e ‘casa’ Rai che ha da subito imbracciato i fucili per condurre una vera e propria guerra (legale) contro il comune dei fiori: è proprio di oggi – infatti – la notizia della diffida da parte della Rai intenzionata a non vedersi strappare il Festival di Sanremo dai palinsesti annuali; trattandosi – di fatto – del programma in grado di garantire il maggior numero di introiti a fronte di appena cinque serate di dirette.
Partendo dal principio, è bene ricordare che lo scontro sul Festival di Sanremo si era aperto già a pochissimi passi dall’edizione record di quest’anno, con il comune sanremese costretto a recepire la sentenza del Tar ligure con la quale venne definita illegittima la scelta – ormai consolidata – di affidare direttamente l’organizzazione della kermesse proprio all’emittente pubblica: sentenza – naturalmente – impugnata sia da Viale Mazzini che dallo stesso Comune di Sanremo e che il prossimo 22 maggio verrà portata all’attenzione del Consiglio di Stato con una decisione che (forse) metterà fine allo scontro.
Lo scontro sulla gestione del Festival di Sanremo: il comune pubblica il bando, ma il contenzioso legale resta aperto
Al contempo, in piena ottemperanza di una sentenza che ad oggi è vincolante, il comune dei fiori non ha potuto far altro che aprire il bando ufficiale per le edizioni 2026, 2027 e 2028 (ma potenzialmente prorogabile per altri due anni) del Festival di Sanremo: entro 40 giorni da ieri qualsiasi emittente che operi in chiaro – dunque escludendo quelle interamente a pagamento – potrà presentare il suo personale progetto per accaparrarsi l’organizzazione della kermesse, purché sia in grado di dimostrare una comprovata capacità di sostenere un’organizzazione di tale portata e di valorizzarla al pari dell’emittente pubblica.
Similmente – e a molti sono sembrati paletti per preservare il predominio Rai -, chi intende organizzare il Festival di Sanremo dovrà sborsare al comune almeno 6,5 milioni di euro all’anno (1,5 in più rispetto agli esorbitanti costi dell’ultima edizione) e un minimo pari all’1% degli introiti pubblicitari complessivi; così come è stata prevista anche una clausola di salvataggio con la quale il comune può recidere gratuitamente il contratto se il Festival dovesse avere ascolti inferiori di 15 punti rispetto alla media – anche questa esorbitante – delle ultime cinque edizioni.
La Rai diffida il comune sanremese: “Il marchio ‘Festival di Sanremo’ è nostro e non è cedibile ad altre emittenti”
Al di là delle clausole – con le quali vengono tagliate fuori buona parte delle emittenti, eccezion fatta forse solo per Mediaset e Sky -, la Rai che attende il parere del Consiglio di Stato ha anche deciso di diffidare il comune sanremese: secondo Viale Mazzini – infatti – i marchi ‘Festival di Sanremo’ e ‘Festival della Canzone Italiana’ sono “legati al format della Rai” e non possono essere legalmente ceduti ad altre emittenti, fuorché queste ultime non organizzino una kermesse completamente differente da quella delle ultime edizioni.
Tesi che non è piaciuta al comune, che dopo una breve consultazione interna – riporta LaPresse – ha scelto di dare mandato ad un legale per costituirsi in giudizio contro il ricorso, precisando che storicamente i marchi ‘Festival di Sanremo’ e ‘Festival della Canzone Italiana’ sono legalmente detenuti del comune in uno scontro che sembra destinato a durare ancora a lungo e a non risparmiare alcun colpo di scena.