Figlio 44enne pretende paghetta, massaggi e caffè a letto/ Processato, ma è assolto

- Chiara Ferrara

Figlio 44enne pretende paghetta, massaggi e caffè a letto dalla madre: lei denuncia e viene processato, ma poi assolto per insussistenza del reato

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Un quarantaquattrenne, figlio di una coppia di anziani, pretendeva dalla mamma la paghetta, i massaggi alle gambe e il caffè a letto. La donna, insieme al marito, esasperata, ha deciso di denunciarlo. L’esposto alle forze dell’ordine, come riportato da Il Messaggero, è stato presentato dopo che la malcapitata era stata spinta con violenza dall’uomo al culmine di una lite. È in virtù che era partito il processo con l’accusa di maltrattamenti.

La querelle legale nei confronti del figlio padrone, residente nella provincia di Roma, è andata avanti per tre anni. È stato ricostruito, come viene evidenziato negli atti, che il quarantaquattrenne “la consegna di continue somme di denaro con richieste petulanti e insistenti trattandoli come subalterni costretti a fargli massaggi alle gambe, ad accompagnarlo in macchina ovunque egli chiedesse, ad esaudire i suoi desideri”. La convivenza era da tempo difficile, ma l’imputato non aveva mai avuto alcuna intenzione di abbandonare la casa dei genitori e andare a vivere da solo, nonostante lavorasse e fosse economicamente indipendente.

Figlio 44enne pretende paghetta, massaggi e caffè a letto: la sentenza

Venerdì scorso il Tribunale di Tivoli ha emesso la sentenza sul processo per maltrattamenti nei confronti del figlio quarantaquattrenne che pretendeva paghetta, massaggi e caffè al letto dalla madre. I giudici hanno deciso di assolverlo dalle accuse perché il fatto non sussiste. Potrà dunque restare nell’abitazione con i genitori, senza ulteriori ripercussioni.

“Dopo sei mesi di detenzione dell’imputato il giudice ha voluto effettivamente valutare la situazione ritenendo l’insussistenza del reato”, hanno commentato gli avvocati difensori, Pietro e Gian Maria Nicotera. “Quelle vicende e quelle dinamiche familiari che si sono venute a creare, insomma, non si configurano come maltrattamenti. Tanto è vero che i genitori erano presenti in tribunale quando è stata pronunciata la sentenza. Lo aspettavano fuori, e poi sono andati tutti insieme a casa”.







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