Un tempo un’analisi critica del Financial Times contro la politica economica italiana sarebbe stata stracopiata e stracitata in tempo reale fra Roma e Milano: soprattutto nel semideserto mediatico di Ferragosto. Nell’agosto 2020 un severo reportage-riflessione inviato a Londra dal desk milanese di FT sui nuovi “istinti statalisti” delGgoverno Conte è stato regolarmente messo in vetrina dal quotidiano britannico, ma quasi ignorata da quotidiani italiani un tempo attentissimi all’inappellabile Giudizio dei Mercati.
“Investitori e mondo degli affari sono convinti che la virata politica sia molto più ispirata da volontà dirigista che con la necessità di fronteggiare la crisi Covid”. È chiaro fin dalla titolazione il motivo dell'”alert” del FT: le grandi manovre estive del premier Giuseppe Conte e del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e di tutti i colleghi “gialllorossi” su dossier come Atlantia o Tim sembrano estranei alla priorità di rilanciare l’Azienda-Italia in grave recessione. Sembrano invece sfruttare un passaggio eccezionale per invertire la rotta di un trentennio di privatizzazioni e liberalizzazioni. Nel “cahier des doleances” stilato da Silvia Sciolli Borelli non manca nulla: né Ilva, né Alitalia, né Mps. Non rimane fuori l’aggressiva reintroduzione di golden powers su Mediobanca-Generali, né l’intento di rinazionalizzare la Borsa Italiana.
C’è spazio per le forti proteste del fondo TCI che si sente espropriato dal piano di ristatalizzazione di Atlantia-Aspi; “Un Paese con grande necessità di modernizzare le sue infrastrutture – avverte FT – non ha possibilità alcuna di ignorare gli investitori internazionali e – per quanto desideri proteggere alcuni suoi asset strategici – deve scegliere con attenzione quali battaglie combattere”. Soprattutto ora che il “denaro gratis” del sostegno Bce a titoli di Stato italiani e gli aiuti in arrivo dall’Europa via Recovery Fund possono illudere pericolosamente il Governo Conte di poter tentare un peculiare “sovranismo populista” in salsa statalista.