L’immediata vigilia dell’assemblea Generali ha visto uscire allo scoperto Francesco Gaetano Caltagirone, il “comandante in capo” dello schieramento che – domani a Trieste – si prefigge di sostituire l’attuale Consiglio d’amministrazione, proposto per la conferma da Mediobanca.
Ciò che ha colpito dell’intervista rilasciata da Caltagirone al Sole 24 Ore è stata la polemica specifica contro il progetto di partnership strategica fra Generali e Natixis nel segmento dell’asset management. Il finanziere romano si è mostrato consapevole di aver preso di mira l’iniziativa più ambiziosa lanciata dal Ceo del Leone nei mesi finali del suo mandato triennale: ma nel farlo ha battuto soprattutto su tasti extra-gestionali e di profilo politico come la nazionalità non italiana prescelta per l’alleato.
Non è parso quindi un caso che Donnet abbia sottolineato – a sua volta in un’intervista – la sua “serenità” nella volontà di portare il progetto Natixis davanti ai soci in assemblea, unitamente alla sua ricandidatura.
L’integrazione progressiva fra le attività di gestione del risparmio di Generali e Natixis è stata motivata fin dapprincipio da Donnet da motivazioni squisitamente strategiche: la necessità di far compiere al Leone un salto di qualità in un suo segmento-forza nella naturale cornice di mercato europea. Ed è un dossier che Caltagirone non è riuscito a contestare frontalmente. La sua denuncia di potenziale “smantellamento” delle Generali poggia sulla nazionalità francese del partner, con una velata accusa di conflitto d’interesse per un manager che regge il timone a Trieste da tre mandati pieni.
E la sua non meglio definita richiesta di un “partner italiano” è apparso vero argomento a sua volta troppo velato, quasi boomerang. La raccomandazione cavalca con molta evidenza una campagna squisitamente politica condotta dal Governo in carica: quella para-sovranista a favore di una gestione italiana del risparmio italiano (è – fra l’altro – la molla dell’offerta pubblica a tenaglia di Mps su Mediobanca, ancora con Caltagirone come capofila a Siena).
In superficie può apparire in tema di discussione accettabile: allorché fra l’altro, UniCredit è stato fermato nel suo tentativo di aggregazione di Commerzbank in Germania. Ma la stessa difesa sovranista della banca tedesca da parte di Berlino cela a malapena la preoccupazione che Commerz non sia più disponibile alla sottoscrizione di titoli governativi tedeschi, dopo che il candidato Cancelliere Frederich Merz ha clamorosamente rilanciato politiche pubbliche di crescita a debito.
Caltagirone vuole impossessarsi delle Generali per offrirle al servizio dirigistico delle emissioni di Btp da parte dello Stato italiano? Oppure vuole attrarre forzosamente la compagnia nelle politiche industriali e infrastrutturali che l’Italia avrebbe molta più difficoltà a sostenere a debito pubblico, entro i parametri di stabilità Ue?
Quel che è certo è che Donnet con il consiglio uscente vuole continuare ad amministrare le Generali nell’interesse della compagnia, di tutti i suoi azionisti (non solo di alcuni titolari di quote di minoranza) e di tutti gli stakeholder. Ciò non significherebbe trattenere il Leone dal sottoscrivere titoli pubblici italiani, francesi, tedeschi o un domani Ue: ma entro gli standard manageriali che l’operazione Natixis renderebbe più solidi ed efficaci.
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