Il risultato assembleare, per il Ceo di Generali Philippe Donnet, è stato certamente la netta riconferma per un quarto mandato triennale, all’interno della lista presentata da Mediobanca. Che ha riportato il favore del 52,3% dei partecipanti e quindi continuerà a esprimere 10 dei 13 consiglieri della compagnia, a partire dal presidente Andrea Sironi.
Per l’Amministratore delegato il vero successo personale è stato però rappresentato dal voto nei fatti plebiscitario per il bilancio 2024 delle Generali: chiuso con cifre record di 3,72 miliardi , capace di alimentare una cedola di 1,43 euro. Ad astenersi su consuntivo è stato praticamente solo il gruppo Caltagirone, con motivazioni di governance, non collegate alla performance gestionale della compagnia. E d’altronde il fronte dei soci intenzionati a rovesciare il board non ha raccolto più del 36,8 del capitale presente (il 3,67% è invece andato alla lista Assogestioni, che non ha tuttavia raggiunto il quorum necessario per ottenere un seggio di minoranza nel nuovo cda).
Il gap fra le due liste concorrenti (quella di Caltagirone era appoggiata anche da Delfin e – con una decisione ultima – da UniCredit e Fondazione Crt) è stato determinato con molta evidenza dagli investitori finanziari internazionali: che hanno riversato sulla lista Mediobanca un appoggio massiccio e convinto alle scelte di Donnet. Non affatto esclusa la mossa strategica annunciata all’inizio dell’anno: l’euro-partnership strategica nell’asset management Natixis. “L’assemblea non era un referendum sul Natixis – ha commentato a caldo il Ceo -, ma se si fosse votato avremmo vinto”.
La parola del mercato – quello più autentico costituito dai grandi investitori professionali – promette di essere pesante allorché “la guerra di Trieste” è destinata a continuare. Da un lato, è previsto il prosieguo dell‘iniziativa lanciata da Mps su Mediobanca, prima azionista delle Generali: sempre con Caltagirone e Delfin nel ruolo di azionisti chiave a Siena. Se dovesse avere successo (a meno di sviluppi precedenti) verrebbe meno il peso azionario di Mediobanca (13%), ma non sarebbe affatto scontata la rimozione straordinaria del cda eletto ieri: con il chiaro applauso degli azionisti interessati solo alla buona gestione della società, senza proprie finalità esterne.
Dall’altro lato, continuano i rumor sull’ipotesi che il Governo eserciti il golden power sul piano Generali-Natixis richiamando la tutela del risparmio nazionale. Ma nel caso del Leone un’eventuale iniziativa dirigistica si ritroverebbe a collidere frontalmente con un largo azionariato di mercato di una delle poche vere “blue chip” internazionali basate in Italia.
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