A differenza degli Stati Uniti, l’Ue ha chiuso il primo trimestre dell’anno con un Pil in crescita (+0,3% contro il -0,3% d’Oltreoceano). Questo non fa altro che allontanare la possibilità di avere più margini fiscali per affrontare le eventuali conseguenze negative dei dazi. Valdis Dombrovskis, infatti, ha recentemente ribadito che non è possibile attivare la clausola generale di salvaguardia del Patto di stabilità dal momento che non c’è la recessione.
Secondo Massimo D’Antoni, Professore di Scienza delle finanze all’Università di Siena, il commissario europeo all’Economia «non fa altro che illustrare quanto previsto dal nuovo Patto di stabilità, che su questo punto è chiaro».
Cosa prevede in tal senso?
La clausola generale, che sospende le regole fiscale per l’intera Unione, si applica in caso di “grave congiuntura negativa nella zona euro o nell’Unione nel suo complesso”, fintanto che tale congiuntura persiste. Al momento non c’è nessuna recessione in atto, al più possiamo parlare di una situazione di grande incertezza dovuta agli annunci americani sui dazi. Per di più, mi pare chiaro che l’intenzione della Commissione non sia quella di allentare le regole in generale, ma di consentire una deviazione mirata, finalizzata alle esigenze di riarmo. Diverso era il caso del 2020, quando la clausola di salvaguardia generale fu attivata in presenza della pandemia e degli evidenti effetti che il lockdown stava provocando per l’intera economia.
L’unica apertura che arriva dalla Commissione è quella di attivare la clausola di salvaguardia nazionale, per ora per quel che riguarda le spese nella difesa e in prospettiva per le possibili conseguenze negative dei dazi Usa. Su questo le chiedo innanzitutto un commento sull’ordine di priorità, cioè la difesa vale più della crescita…
Innanzitutto diciamo che, sempre sulla base del Patto di stabilità, l’attivazione della clausola nazionale richiede una diversa condizione, cioè “il verificarsi di circostanze eccezionali al di fuori del controllo dello Stato membro” che abbiano “rilevanti ripercussioni sulle sue finanze pubbliche”. Possiamo discutere se l’esigenza di riarmo rientri in questa fattispecie, ma comunque la formulazione è in questo caso più elastica e lascia quindi spazio all’interpretazione adottata dalla Commissione stessa.
Sulla questione della priorità, in molti hanno rilevato come l’intera operazione possa alimentare l’idea che per l’Ue la difesa vale di più non tanto o non solo della crescita (in fondo anche la spesa per la difesa potrebbe generare crescita), ma delle emergenze di carattere sociale, che finora non sono mai state ritenute sufficienti per giustificare un atteggiamento morbido nell’applicazione dei vincoli fiscali.
Non pensa che ci sia anche il rischio di un effetto-stigma sui mercati per il Paese che presentasse richiesta di attivazione della clausola per le conseguenze dei dazi?
Non ho questa preoccupazione. A quanto leggo persino la Germania potrebbe chiedere l’attivazione della clausola. Il fatto è che, ciascuno in funzione della propria situazione di bilancio, tutti i Paesi stanno già utilizzando lo spazio fiscale a propria disposizione. Dunque, per chiedere spazio aggiuntivo finalizzato al riarmo, è abbastanza naturale che ci si avvalga della possibilità offerta da una possibile deroga al vincolo di spesa. Semmai il tema è un altro.
Quale?
Non tutti i Paesi hanno la possibilità o l’intenzione di accumulare debito aggiuntivo. Al di là del fatto che le regole lo consentano, maggiore debito significa comunque un percorso di aggiustamento più impegnativo al prossimo rinnovo del piano pluriennale di bilancio. Prendiamo l’Italia: nel piano varato lo scorso autunno il Governo ha adottato un atteggiamento prudente, evidentemente preoccupato, a prescindere dai vincoli europei, delle esigenze di rinnovo del debito in scadenza. Peraltro, non vedo grande entusiasmo verso l’ipotesi della clausola nemmeno in Francia o in Spagna.
La situazione sembra diversa in Germania. Cosa pensa della riforma del freno al debito approvata dal Parlamento tedesco e del mega-piano di investimenti che la Germania ha annunciato? Non è una buona notizia visto che tutti si auguravano che Berlino abbandonasse l’eccessivo rigore e cominciasse a investire?
In parte lo è, nel senso che sono anni che si rimproverano alla Germania il freno posto alla domanda interna e un eccessivo orientamento all’export. Desta semmai qualche perplessità il fatto che questi investimenti siano concentrati nella funzione difesa. La Germania ha già aumentato la sua spesa per la difesa negli ultimi anni e in prospettiva, potrebbe assumere un ruolo egemonico anche in campo militare e – quindi – di politica estera, oltre che economico.
A questo pensavo. L’iniziativa europea favorevole al riarmo non rischia di avvantaggiare i Paesi che hanno spazio fiscale penalizzando quelli che non ne hanno? Alla fine non aumenteranno le divergenze tra le economie dei Paesi membri?
Questo è a mio avviso uno dei punti più critici. Le differenze di spazio fiscale, nonché la percezione di una maggiore urgenza a riarmarsi, potrebbero determinare uno sbilanciamento dei rapporti interni all’Ue, ma non penso qui solo alle divergenze economiche.
Pensiamo solo all’asse franco-tedesco: la Francia finora poteva far valere la maggiore capacità di proiezione militare e diplomatica che le derivava dallo status di Paese uscito vincitore dalla Seconda guerra mondiale e membro permanente del consiglio di sicurezza Onu. Cosa sarà di questo rapporto domani, quando il primato tedesco potrà riguardare anche questa sfera? Le iniziative di questi mesi potrebbero restituirci un’Europa molto diversa, con una Germania in un ruolo ancora più centrale e con un asse più spostato verso Est.
In questo quadro complesso, l’Italia può fare qualcosa in più rispetto al mantenere una postura fiscale improntata alla prudenza?
Mi pare che la strategia del Governo Meloni sia quella di accreditarsi come partner privilegiato del governo americano sul “fronte Sud” dell’Europa. È una strategia di cui si può comprendere la logica, ma non è priva di rischi, nella misura in cui gli interessi nazionali potrebbero non coincidere con quelli della superpotenza. Inoltre, anch’essa porta con sé degli oneri sul piano della spesa militare.
Ricordiamo che nel 2014 in ambito Nato ci impegnammo ad aumentare la spesa per la difesa fino al 2%, un obiettivo che Trump ha recentemente rilanciato e che ancora non è chiaro in che modo e con quali tempi il Governo voglia onorare. Si tratta di un aumento di circa 10 miliardi strutturali che, dati i vincoli della nostra capacità di spesa, andranno sottratti a qualche altra funzione.
Sempre a proposito di Italia, cosa pensa del recente upgrade operato da Standard & Poor’s sul nostro debito sovrano?
È un segno di apprezzamento per quella prudenza di bilancio del Governo attuale cui accennavo poc’anzi. Intendiamoci: penso che la sostenibilità del debito italiano non sia mai stata realmente in discussione. Per questa ragione non ho mai dato troppo peso alle valutazioni delle agenzie di rating, né quando ci declassavano, né ora che ci premiano. Tuttavia, nella misura in cui ciò contribuisce a rassicurare i mercati e quindi a ridurre gli interessi sul nostro debito, l’upgrade è certamente una buona notizia.
(Lorenzo Torrisi)
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