FINE VITA IN CONSULTA: OGGI UDIENZA SUL CASO CAPPATO
Il tema del fine vita torna per la quarta volta alla Consulta con un’udienza pubblica in cui si trattano i casi di due malati, uno di cancro e l’altro di Parkinson, che sono stati accompagnati a morire in Svizzera dall’attivista Marco Cappato, visto che in Italia non potevano ricorrere al suicidio assistito. Il caso nasce dall’autodenuncia di disobbedienza civile dello stesso tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, che si era presentato ai carabinieri di Milano nel 2022 dichiarando quanto aveva fatto. La procura meneghina aveva chiesto l’archiviazione del caso, ma il gip nel giugno scorso ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 del Codice penale.
Nell’udienza odierna sono stati ascoltati quattro persone con malattie irreversibili ma capaci di prendere decisioni in autonomia, i quali si oppongono all’accoglimento della questione, perché ritengono che togliere il requisito del trattamento di sostegno vitale indebolirebbe la protezione del diritto alla vita. Secondo Maria Letizia Russo, uno dei malati che sono stati ammessi in giudizio, il diritto all’autodeterminazione potrebbe essere viziato dal dolore e dal peso che si sente di avere nei confronti della propria famiglia, quindi la scelta del fine vita sarebbe viziata.
Lo Stato, dunque, secondo Russo deve difendere la vita anche dai malati stessi: la tesi è che non si possa fare affidamento sulla loro volontà proprio per la loro condizione di debolezza e sofferenza. L’art. 580 per la donna rappresenta una forma di protezione che lo Stato deve mantenere.
DIRITTO ALLA VITA O AL SUICIDIO? LE POSIZIONI CONTRAPPOSTE
Ma nell’udienza pubblica sul fine vita è intervenuta anche l’Avvocatura dello Stato tramite Ruggero Di Martino, che rappresenta la Presidenza del Consiglio. “Non c’è un diritto al suicidio“, così come i medici non sono obbligati a concorrere a una volontà suicidaria, ha dichiarato in aula. Per l’Avvocatura la legge tutela il diritto alla vita in maniera adeguata, per cui la questione portata alla Consulta va dichiarata “inammissibile o manifestamente infondata” secondo Di Martino. Di parere diverso è, invece, Cappato, secondo cui era suo dovere non ignorare chi riteneva di non avere alternative.
Cappato ora attende la decisione della Consulta, che si è riunita in camera di consiglio per decidere se l’articolo sopracitato sia conforme o meno alla Costituzione, ma è pronto a portare avanti la sua battaglia, quella dell’associazione e dei tanti malati. In attesa della sentenza della Consulta, i legali dei quattro malati hanno espresso soddisfazione per la decisione di ammetterli in giudizio e hanno apprezzato il gesto di Cappato di non opporsi agli interventi in questione.