Nota della CEI sulla legge della Toscana sul suicidio assistito: “serve legge nazionale sul Fine vita, non si può anticipare la morte, tutelare la dignità”
IL DURO COMMENTO DELLA CEI DOPO LA LEGGE REGIONALE IN TOSCANA SUL SUICIDIO ASSISTITO
Una Chiesa italiana che si è presa del tempo per valutare per bene le parole da usare ma che alla fine produce un duro commento circa il via libera in Consiglio Regionale della legge sul suicidio assistito in Toscana: se già i vescovi della Conferenza Episcopale locale si erano espressi con le nettissime parole del cardinale Lojudice (arcivescovo di Siena) a ridosso della decisione storica presa da Regione Toscana lo scorso 11 febbraio 2025, la CEI con il Presidente Matteo Maria Zuppi ha preferito lasciare “decantare” la vicenda, parlandone in via informale con il Governo Meloni nel recente bilaterale Italia-Vaticano sui Patti Lateranensi e ora esprimendo una nota ufficiale dopo l’ultima riunione di oggi 19 febbraio 2025 presso la sede romana.
Vi è una generale preoccupazione espressa dai vescovi italiani circa l’evoluzione delle iniziative di legge sul tema del Fine vita: non solo per quanto avvenuto in Toscana, ma anche per i tentativi poi impediti in extremis dal voto del Consiglio Regionale in Veneto, Lombardia, Liguria e Piemonte. Di certo vedere approvata una legge come quella in Toscana è un passo in più di preoccupazione in quanto il primo vero computo di ogni comunità civile e dei sistemi sanitari è «curare e assistere, non anticipare la morte». Come spiegarono bene i vescovi dell’Emilia Romagna dopo un simile tentativo di legge sul suicidio assistito lo scorso anno, arrivare a procurare la morte – sia con l’eutanasia che con il suicidio assistito con farmaco di Stato – è un contrasto netto con il valore stesso della persona, della professione dei medici ma anche con le finalità di un Paese.
DALLE CURE PALLIATIVE ALL’”ACCANIMENTO TERAPEUTICO”: COSA PROPONE (E COSA NO) LA CHIESA ITALIANA
Riprendendo ancora la nota dei vescovi in Toscana, la CEI invita a non prendere l’intera vicenda della legge regionale come una questione di schieramento politico, ma di poter “sfruttare” il tema per riflettere davvero sull’attuale concezione sia di progressione che di personale dignità dell’individuo. Il tutto, appellandosi affinché sia il Parlamento in maniera esaustiva e non “frenetica” ad occuparsi di una vicenda come quella del Fine vita tutt’altro marginale per il futuro di un Paese civile. Sempre tenendosi lontani da strumentalizzazioni e opposte ideologie, l’invito della Chiesa Italiana è che lo Stato possa giungere ad un intervento legislativo che seriamente possa tutelare la vita in ogni suo aspetto.
Secondo la Presidenza della CEI, espressa dall’arcivescovo Card. Zuppi, la tutela dello Stato deve concepire sia l’accompagnamento che la cura della malattia, arrivando a svolgere con il sistema sanitario nazionale un vero sostegno alle famiglie in situazione di disagio e sofferenza come testimoniano i vari casi di richiesta del suicidio assistito. Il tema non è dunque un “muro contro muro”, ma un ragionare sui motivi all’origine di una vera tutela alla vita: ad esempio, il fatto che ancora in Italia non vi sia un pieno atto della legge esistente sulle cure palliative è un pessimo modo di approcciare la delicata vicenda. La CEI ribadisce che tali cue devono essere garantite per tutti, in maniera efficace e soprattutto a tutte le Regioni. Come sottolinea in ultima analisi la nota dei vescovi italiani, la legge sulle cure palliative permette di offrire una modalità concreta di «alleviare la sofferenza e per assicurare dignità fino alla fine». Vero amore per il prossimo non è impostare una legislazione “ad hoc” per garantire il “diritto alla morte”, ma semmai ricordarsi che la dignità «non finisce con la malattia o quando viene meno l’efficienza». Non si tratta dunque di impostare un “accanimento terapeutico” contro chi desidera chiedere il suicidio assistito, bensì occorre ricordarsi di non smarrire mai l’umanità e la dignità: per questa ragione, conclude la CEI, sulla vita non possono essere mai ammessi giochi al ribasso e/o «polarizzazioni».