La Consulta e il caso di una donna immobilizzata che non può prendere il farmaco per togliersi la vita: occhio ai tranelli per giustificare l’eutanasia
Il dibattito sul fine vita e sulla legge che il Senato dovrebbe portare in Aula per la metà di luglio in questi giorni ha occupato le prime pagine di molti quotidiani. Gli interventi delle massime cariche dello Stato e della Chiesa hanno espresso giudizi chiari e netti sull’inesistenza del diritto a morire per propria scelta, quando e come si vuole. L’opposizione invece, schierata a favore di questo pseudo-diritto, ha rimandato al mittente le diverse proposte, senza voler provare né a dialogare né a mediare.
C’è un aspetto importante, a mio avviso, che finora è passato totalmente sotto silenzio: ciò che potrebbe accadere solo una settimana prima che la legge arrivi in Aula, quando approderà in Corte Costituzionale una esplicita richiesta di rendere accessibile l’eutanasia. L’8 luglio ci sarà un’udienza speciale in Corte Costituzionale e la richiesta eutanasica arriverà dettata dalla necessità di rispettare sia la precedente sentenza della Corte 242/2019, sia la legge di recente approvata in Toscana.
Vale la pena ripercorrere le tappe di questo ultimo caso, che potrebbe far capire meglio perché la maggioranza rifiuta radicalmente l’approccio della sinistra, a partire dalla legge approvata proprio dalla Regione Toscana.
Una donna toscana di 55 anni, completamente immobile, non riesce in alcun modo ad assumere il farmaco letale indispensabile per accedere al “suicidio assistito”, a cui ritiene di aver diritto, per cui chiede che sia il medico a somministrarglielo. Questo passaggio trasforma il suicidio assistito in omicidio del consenziente, per cui il tribunale solleva la questione di legittimità costituzionale sull’articolo 580 che vieta l’omicidio del consenziente e quindi l’eutanasia.
La donna è affetta da sclerosi multipla progressiva; è completamente paralizzata ed è mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Possiede quindi tutti i requisiti per l’accesso al suicidio medicalmente assistito stabiliti dalla Corte Costituzionale nella sentenza 242/2019, ma non è in grado di assumere autonomamente il farmaco previsto.
A questo punto il suo diritto ad accedere al suicidio assistito è del tutto vanificato dalla mancanza di autonomia nel poter provvedere da sé. Non farla aiutare in questo caso renderebbe impossibile soddisfare un diritto previsto dalla norma, sia a livello costituzionale che dalla legge regionale. Almeno apparenterebbe sarebbe una vera e propria discriminazione, una ingiustizia, che secondo alcuni andrebbe sanata de iure e di fatto.
L’Associazione Coscioni, com’era facilmente prevedibile, si è schierata al suo fianco, ha chiesto alla Corte Costituzionale di dirimere questa situazione, con un nuovo intervento che oltre alla depenalizzazione dell’articolo 579 del codice penale (suicidio assistito), depenalizzasse anche l’articolo 580 (omicidio del consenziente), cosa necessaria per chi non è in grado di far da sé.
Le differenze tra suicidio assistito e omicidio del consenziente, che sembrano creare un certo bisticcio almeno sul piano lessicale, scomparirebbero diventando una sola cosa. Nessuna differenza ci sarebbe tra aiuto nel fine vita ed eutanasia.
Di qui l’assoluta importanza che la legge approvata dal Senato sia una buona legge e non una legge frettolosa perché, se fosse una legge malfatta, una legge solo apparentemente distratta, noi avremmo introdotto l’eutanasia, con tutte le conseguenze che avrebbe, anche sulla libertà autentica dei pazienti, e magari con un eventuale avallo della Corte.
Ma secondo l’Associazione Coscioni, se la Corte Costituzionale dichiarasse incostituzionale il divieto assoluto di somministrazione di un farmaco letale da parte di un medico nonostante le condizioni previste dalla sentenza 242/2019, e la persona non fosse in grado di poterlo assumere autonomamente, molte persone fisicamente e gravemente impossibilitate sarebbero discriminate, e non potrebbero accedere alla morte volontaria. Dimenticando però tre osservazioni fondamentali:
– in questi casi potrebbe venir meno la garanzia della libera volontà del paziente e potrebbero esserci abusi: basta pensare a ciò che sta accadendo in Olanda, Belgio, ma anche in Canada;
– i medici sono al servizio dei malati e della loro volontà di curarsi, per farli vivere nel miglior modo possibile, compreso l’impegno a somministrare cure palliative; nessuno può essere obbligato a dare la morte!
– nessuno parla di eutanasia esplicitamente, ma solo di diritti dimenticati, ma ciò che veramente si dimentica sono il dovere e la libertà di curare dei curanti e ciò che si pone in pole position è solo la morte di chi potrebbe desiderare altro, se ne avesse l’opportunità!
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