Francia, bufera sulla proposta dell'attivista ambientale Pierre Rigaux di vietare il formaggio Comté: a suo dire è responsabile dell'inquinamento dei fiumi
Negli ultimi giorni i social d’oltralpe sono invasi dall’hashtag ‘TouchePasAMonComté‘ – ovvero NonToccareIlMioComté – partito dopo un controverso intervento da parte dell’attivista ambientale Pierre Rigaux nella radio pubblica France Inter in cui si è scagliato contro il formaggio Comté particolarmente diffuso nell’area della Franca Contea (dalla quale ovviamente il formaggio prende il nome) e che dal 1958 è stato riconosciuto con l’etichetta AOC – Appellation d’origine contrôlée – identica alla nostrana DOC e all’europea DOP: un attacco – quello contro il Comté – mosso da ragioni ambientali e che ha creato un vero e proprio caso in Francia.
Facendo prima di tutto un passo indietro, trattandosi di un argomento prettamente francese è bene ricordare che il Comté è tra i formaggi più apprezzati in Francia e più famosi in tutto il mondo: sul solo territorio francese in un anno se ne vendono più di 70mila tonnellate con una produzione che nel 2022 è arrivata a più di 1,6 milioni di forme vendute; il tutto rendendo la Franca Contea una vera e propria meta per gli estimatori dei formaggi, unica area al mondo in cui si può produrre (con questo nome) il Comté.
Francia, bufera sulla proposta dell’attivista ambientale di vietare il Comté: interviene anche la prefettura di Giura
Fatte le dovute precisazioni iniziali, possiamo passare alle (criticatissima) parole di Rigaux: durante il suo intervento radiofonico – infatti – l’attivista ambientale ha definito il Comté “un prodotto scadente dal punto di vista ambientale” accusando la filiera produttiva di essere responsabile – a suo dire a causa degli allevamenti delle mucche Montbéliarde e del loro letame ricco di “azoto e fosforo” che si disperde nel suolo – dell’inquinamento dei corsi d’acqua, della “proliferazione delle alghe”, della “scomparsa degli invertebrati acquatici” e delle sempre più frequenti malattie delle trote.
Non solo, perché secondo Rigaux la produzione del Comté è anche una filiera del dolore visto che “per produrre il latte la mucca deve partorire” e viene forzatamente “inseminata”: dalle vitelle si ottiene il latte e il duplice beneficio di “rinnovare la mandria”, fino a quando – dopo “alcuni anni di servizio” – non diventano carne da macello; mentre i vitelli “vengono mandati al macello” subito dopo l’inseminazione, spesso – sempre secondo l’attivista – con pochi giorni di vita sulle spalle.
La soluzione – insomma – a suo avviso sarebbe quella di vietare la produzione e il consumo di Comté e com’era prevedibile non sono tardate molto ad arrivare le critiche: oltre all’hashtag che abbiamo citato prima e ad un allevatore che a Bfm TV ha ricordato che la filiera ha alcune delle “regole più restrittive” del settore alimentare per disciplinarla; non è mancato neppure il parere della prefettura del Giura che su X/Twitter ha ricordato che il Comté è “gusto, calcio proteine e zero sensi di colpa“, prodotto con “competenza” da un “settore esemplare”.