Francesca Morvillo e Giovanni Falcone, chi sono: storia vera/ Magistrati pionieri uniti dagli stessi ideali
L’amore tra Francesca Morvillo e Giovanni Falcone al centro del nuovo film di Simona Izzo e Ricky Tognazzi. Entrambi ospiti oggi di Francesca Fialdini a Da noi… a ruota libera su Rai 1, presentano il loro nuovo film, incentrato sull’amore tra i due magistrati. Se molto si sa di Falcone, meno noto è il profilo di sua moglie, che però era molto più di questo: prima di morire tragicamente anche lei nella strage di Capaci, è stata una grande magistrata, impegnata nel salvare i minori dalla delinquenza, distinguendosi per un approccio umano ed educativo. È stata anche la prima consigliera della Corte d’Appello di Palermo.
Si era laureata con 110 e lode, con una tesi innovativa sulla centralità dell’uomo nella giustizia, e aveva svolto un ruolo di militanza culturale nei quartieri popolari di Palermo. Si è distinta per il suo coraggio, sia personale che professionale, e per la sua capacità di rappresentare un modello femminile di indipendenza e determinazione. Ha sperimentato sulla sua pelle il pregiudizio di genere: solo dal 1963 le donne potevano entrare in magistratura, e per molto tempo si è ritenuto che non fossero in grado di giudicare.
Per decenni è stata commemorata solo marginalmente, senza attenzione alla sua carriera, nonostante sia stata una delle prime donne in magistratura in Italia e l’unica donna magistrato uccisa dalla mafia. La sua figura è stata riscoperta anche grazie a studi accademici, documentari e romanzi. Dopo anni, a Francesca Morvillo – simbolo di autonomia e giustizia – viene finalmente riconosciuto il ruolo pubblico e professionale che le spetta nella storia della lotta alla mafia.
DA FRANCESCA MORVILLO A GIOVANNI FALCONE, UNITI DA AMORE E GIUSTIZIA
A legare Francesca Morvillo e Giovanni Falcone non fu solo l’amore, ma anche la condivisione degli stessi ideali. Consapevole dei rischi che correva il marito – e di conseguenza anche lei, in quanto sua moglie – non accettò mai di restargli lontana per motivi di sicurezza. Insieme hanno vissuto, sono morti e sono stati sepolti insieme nel cimitero di Sant’Orsola, fino a quando, nel 2015, il corpo di Falcone è stato trasferito nella chiesa di San Domenico, dove sono conservati i resti di altre personalità illustri della Sicilia (un anno dopo, la salma è stata traslata al cimitero dei Rotoli).
Il magistrato è diventato simbolo della lotta alla mafia anche a livello internazionale, soprattutto perché fu il primo a comprendere come sconfiggerla: il metodo del “segui i soldi” è ormai celebre e, ancora oggi, costituisce la base delle investigazioni antimafia. Entrò in magistratura nel 1964 come pretore a Lentini, poi divenne sostituto procuratore e giudice istruttore a Trapani. Nel 1979 fu chiamato a occuparsi della sezione penale di Palermo e, con Paolo Borsellino, iniziò a lavorare sulle dinamiche mafiose.
Non si accontentò di dare la caccia ai padrini: collaborò anche con l’FBI, intuendo che la mafia riforniva di droga il mercato statunitense. Con la formazione del pool antimafia nel 1983 ci fu il grande salto nella battaglia contro Cosa Nostra; la svolta definitiva arrivò con il pentimento di Tommaso Buscetta, che consentì di arrivare al Maxiprocesso. Questo però lo rese inviso ad alcuni colleghi: ci furono conflitti, tensioni, critiche e veleni che caratterizzarono i suoi ultimi mesi. Poi, la strage di Capaci portò via lui, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta: Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.