L’approccio di papa Francesco all’Intelligenza artificiale (IA) rappresenta una sintesi unica tra pensiero teologico, etica applicata e analisi delle dinamiche socio-tecnologiche. In questi ultimi anni, il Pontefice è stato in grado di delineare una visione teologica e antropologica che insiste sul primato della persona umana, nella progettazione e nell’uso della tecnica, in linea con i principi di riflessione della Dottrina sociale della Chiesa (Dsc), mettendo in guardia contro i rischi di una presunta neutralità degli algoritmi.
Papa Francesco ha ripetutamente sottolineato come l’IA debba essere subordinata all’etica in quanto anch’essa è un fatto profondamente umano, legato all’autonomia e alla radicale libertà dell’uomo. Durante il G7 sull’IA del 2024 – invitato dal Premier Giorgia Meloni, peraltro un inedito in quanto è stato il primo Pontefice a parteciparvi – aveva sviluppato un approccio definibile come antropocentrico, in cui veniva messo in rilievo il “potenziale creativo” dell’IA, donata da Dio agli uomini, un vero e proprio “strumento affascinante e tremendo” destinato “alla creazione di un nuovo sistema sociale caratterizzato da complesse trasformazioni epocali”.
Sempre in quell’occasione il Papa avvertiva che l’IA potrebbe rafforzare il “paradigma tecnocratico” e la “cultura dello scarto”, esacerbando disuguaglianze e delegando decisioni critiche alle macchine; nell’enciclica “Laudato Si” del 2015 aveva già messo in guardia contro questo paradigma e il terribile rischio “che esso risieda in una piccola parte dell’umanità” la quale promuove una razionalizzazione tecnocratica e un’etica vieppiù utilitaristica, all’insegna di un’efficienza e ottimizzazione continua.
Questo richiamo si collega alla nozione di “algoretica”, un neologismo da lui introdotto nel 2020, per indicare l’esigenza di codificare principi morali negli algoritmi.
È indubbio che la riflessione papale poggia sui principi di riflessione della Dsc quali: 1) il primato della persona umana; 2) la sussidiarietà; 3) la solidarietà.
In base al primo principio, si afferma la naturale socialità dell’uomo e si indica il fondamento della sua grandezza nell’esser stato creato a immagine e somiglianza di Dio e, per tale ragione, questi occupa una posizione centrale tra tutte le creature, visibili e invisibili.
Secondo il principio di sussidiarietà, è fondamentale che ogni persona sia posta nelle condizioni di sviluppare pienamente le proprie potenzialità e solo dopo si può auspicare o richiedere l’intervento di altre entità per soddisfare le sue necessità, che derivano dalla sua natura sociale e dal bisogno intrinseco di cooperazione e sostegno reciproco.
Il principio di solidarietà, nella prospettiva del bene comune, infine, richiama la responsabilità reciproca di ogni persona non solo verso i propri simili, ma anche nei confronti della società e del mondo in cui vive.
Se l’IA è innanzitutto uno strumento viene “spontaneo affermare che i benefici o i danni che essa porterà dipenderanno dal suo impiego”. Nondimeno, questi artefatti, tra cui quelli tecnologici, non sono sempre rivolti al bene, perché l’uomo agisce in una condizione di radicale libertà, la quale può volgersi contro se stesso e contro lo stesso pianeta. Papa Francesco, dunque, rigetta esplicitamente l’idea di neutralità dell’IA sulla base della condivisibile affermazione che “la tecnologia non è mai realmente neutrale poiché è influenzata da chi la progetta”, in quanto vi è una “dimensione costitutiva di potere”, insita in chi l’ha realizzata e sviluppata.
Vale qui rilevare che tale posizione è condivisa da filosofi contemporanei come Luciano Floridi e Paolo Benanti e, ancor prima di loro, dal teologo e sociologo francese Jacques Ellul [1912-1994], per citare solo alcuni, tra i più rappresentativi.
Il Pontefice, sempre nel discorso tenuto al G7, esplicitava con estrema chiarezza il suo pensiero, nei termini anzidetti, vale a dire che “la tecnologia nasce per uno scopo e, nel suo impatto con la società umana, rappresenta sempre una forma di ordine nelle relazioni sociali e una disposizione di potere, che abilita qualcuno a compiere azioni e impedisce ad altri di compierne altre. Questa costitutiva dimensione di potere della tecnologia include sempre, in una maniera più o meno esplicita, la visione del mondo di chi l’ha realizzata e sviluppata”.
Da queste riflessioni nasceva la convinzione che fosse necessaria una regolazione globale dell’IA perché “parlare di tecnologia è parlare di cosa significhi essere umani e quindi di quella nostra unica condizione tra libertà e responsabilità”. Da qui il grido di allarme del Pontefice: “Nessun algoritmo deve decidere sulla vita umana”.
Tra le proposte avanzate, al fine di una governance etica dell’artefatto tecnologico, si può qui menzionare la “Rome Call for AI Ethics”, del 2020, promossa dalla Pontificia Accademia per la Vita, la quale costituisce il fulcro operativo di questa visione. In questo documento, venivano enucleati sei principi guida: 1) trasparenza; 2) inclusione; 3) responsabilità; 4) imparzialità; 5) affidabilità; 6) sicurezza.
Il modello proposto prevedeva anche dei comitati etici con l’obiettivo di valutare gli impatti sociali dell’IA, insieme a una diffusa educazione critica rivolta alle nuove generazioni, integrando con un approccio prettamente multidisciplinare scienze umane e tecniche. In ciò, la Chiesa si proponeva di coinvolgere attivamente leader religiosi, industriali, personale tecnico e decisori politici. Il tutto doveva trovare un punto di sintesi nell’auspicata regolamentazione internazionale, anche per prevenire usi militari indiscriminati quali le armi letali autonome.
In conclusione, l’eredità che lascia Papa Francesco risiede nell’aver sollevato tematiche fondamentali quali l’urgenza dell’etica come prerequisito per lo sviluppo dell’innovazione tecnologica, la conciliazione di progresso tecnico e sviluppo umano integrale, l’estensione della responsabilità umana e non la sua mera sostituzione rispetto alla logica algoritmica. Da evidenziare, infine, il ruolo insostituibile rivestito dalla politica, la quale è “la forma più alta di carità, seconda sola alla carità religiosa verso Dio”, scriveva Francesco citando papa Pio XI.
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