L’analisi del fenomeno delle baby gang e della violenza giovanile non può prescindere dall’esigenza di affrontare due criticità. Le ha esposte Francesco Fredella a Storie Italiane, che ha anche avanzato una proposta per cercare di arginare questa violenza. «Io credo che ci siano due problemi, il primo è di carattere istituzionale. Non è possibile di dover aspettare tre anni per avere giustizia».
Il riferimento del noto giornalista, nonché conduttore radiofonico di RTL 120.5, è alla storia della mamma coraggio Patrizia Guerra. Ma c’è un’altra questione che non può essere ignorata: «C’è un problema normativo: non serve solo la patente per guidare le auto, ma servirebbe anche la patente per andare sui social».
VIOLENZA GIOVANILE, LA PROPOSTA DI FREDELLA
Francesco Fredella si è lasciato andare anche ad una sorta di sfogo a Storie Italiane, spiegando l’impatto che i dispositivi digitali hanno avuto sulle nostre vite. «Questi maledetti smartphone, che fanno parte della nostra vita e sono diventati la scatola nera di chiunque, possono rovinare vite, cambiare la vita dei ragazzi». In virtù di questa situazione, non si può restare fermi, si deve agire.
Quindi, il giornalista ha avanzato una proposta che ha trovato concordi gli altri ospiti di Storie Italiane: «Inseriamo nelle scuole anche l’educazione digitale, oltre a quella civica. Il mondo è cambiato, siamo all’apocalisse digitale. I ragazzi devono interfacciassi con la tecnologia, ma devono sapere usare gli strumenti, quindi serve una normativa».