L’artista Francesco Vezzoli è stato il vero protagonista di un numero da collezione di Vanity Fair. Difficile dare una sua esatta definizione. Lui si descrive “soltanto un froc*tto di provincia che ha finalmente compiuto la sua transizione diventando a quasi cinquant’anni editor di Vanity Fair”. Per Malcom Pagani poi ha realizzato una interessante intervista attraverso la quale ha spiegato quale è stata la sua reale ambizione nel dirigere il settimanale in via eccezionale: “Quella di immaginare un giornale che rispecchiasse le mie fantasie da bambino, che non parlasse di me con il sospetto dell’egoriferimento e che avesse una credibilità editoriale”. Nella vita, ha raccontato, ha avuto modo di passare del tempo con nomi celebri del calibro di Ingrid Sischy o Franca Sozzani ed ha seguito le regole di Maria Angiolillo, “la dama dell’editoria”. Nel numero speciale da lui diretto, Vezzoli spiega: “Ho solo scelto dieci figure che incarnassero la cosa più simbolica del loro specifico, ho apparecchiato questa tavola e ho dato al lettore il ruolo più privilegiato: una mosca che può volare sopra tutte le conversazioni”. L’intero numero è dedicato alle donne italiane ed iconiche che lui ha voluto rappresentare con opere ad hoc: “Tutte le icone sono prigioniere della loro riconoscibilità e visto che alcune delle donne intervistate le conosco e hanno da un lato una personalità che è larger than the image, ma dall’altro sono anche madri e sorelle, mi piaceva l’idea di portarle fuori dalla loro comfort zone”, ha spiegato. Nel numero in questione Emma Marrone intervista la Bonino, Isabella Ferrari fa lo stesso con Caterina Caselli e lui con Maria De Filippi.
FRANCESCO VEZZOLI SI RACCONTA
Francesco Vezzoli ha spiegato di aver messo le donne al centro del numero di Vanity Fair da lui diretto ma di non aver mai provato desiderio carnale verso il sesso femminile. “Ho sempre pensato che le mie pulsioni per i maschi erano talmente genuine e potenti da cancellare ogni altro desiderio verso l’universo femminile. La donna si sarebbe meritata un desiderio all’altezza del desiderio che provo per un maschio, mi sembrava ingiusto darle un desiderio di seconda mano”, commenta. Parlando della monogamia la definisce “un’invenzione preoccupante, difficilissima da gestire, con filiazioni incerte”. E sul tema prosegue: “Le uniche coppie che resistono, salde e amorose, sono quelle che hanno costruito insieme qualcosa. Il commovente frutto di un progetto, di due ambizioni condivise”. La prima immagine di donna che ricorda risale al 1975, mentre è sul divano di sua nonna, ed è quella di Mina e della Carrà in Milleluci. Per lui le donne hanno avuto una grande importanza. “Io ero un bambino venuto al mondo dopo un gravissimo lutto familiare che aveva turbato la mia famiglia in maniera molto profonda. Il mio arrivo, accolto almeno inizialmente come un evento conflittuale, poco dopo ha rappresentato un soffio di vita nuova”, racconta, ricordando il tempo passato con le sue nonne alle quali veniva spesso affidato dai suoi genitori. In lui è sempre vissuta la passione per i giornali: “Dei magazine ovviamente sono un feticista e devo ai magazine molte delle scelte della mia vita”.
TRA DIVIETI E PAURE
Dai suoi affetti Francesco Vezzoli ha ammesso di non aver mai subito divieti o censure: “Mi censuravano i professori che al liceo non discutevano certo la mia sessualità, un orientamento che al limite pagavo con la solitudine, ma la mia era presunzione. Non ero neanche un fighetto all’epoca, ero peggio. Ero uno stronz*”. Oggi crede di non esserlo più dal momento che non sente di doversi difendere più da niente. Rispetto ai modelli ed alla libertà di scelta, l’artista ha proseguito: “Esistono dei modelli e tu puoi anche decidere che quei modelli non abbiano un impatto su di te: ma devi fare un grande lavoro su te stesso perché questi modelli, oggettivamente, ti assediano”. Per lui c’è solo una soluzione: “Bisogna essere così sicuri di quello che si costruisce da non aver bisogno di mettere in atto questo tipo di transizioni”. Nell’intervista a Vezzoli c’è spazio anche per il suo punto di vista sul conformismo, sui diritti e sulle paure tra cui spunta “il politicamente corretto”. Un pensiero anche sul modo in cui oggi vive l’America: “L’America vive una fase che è paragonabile ai nostri anni di piombo. La popolazione ha paura dei propri politici e i politici sono terrorizzati dal potenziale esplosivo della ribellione e delle rivolte. C’è una tensione politica enorme e dove regnano tensione e terrore, il dibattito politico culturale è congelato”. Ma, assicura, “Trump non c’entra. Il problema non è disprezzare Trump, non mi costa nessuna fatica, ma andare oltre e capire. Il punto non è detestare, ma comprendere ciò che accade. Capire è più difficile, meno semplicistico, implica uno sforzo. Il fatto che l’America sia impossibilitata, non incapace, ma proprio impossibilitata ad avere un dibattito sereno è triste e al tempo stesso restituisce una sorta di grande chance all’Europa per diventare l’epicentro di un dibattito pubblico meno isterico”, ha concluso.