Il problema è stato sollevato già da tempo nelle scuole francesi. I simboli religiosi islamici, soprattutto attraverso gli abiti tipici dell’islam come l’abaya, si stanno diffondendo ‘come un’epidemia’ diceva già L’Opinion un anno fa. E questo trend viene avvertito in Francia come una pressione da parte dell’islam politico, configurandosi come un attacco contro la laicità dello Stato. A distanza di un anno la situazione si è aggravata e sta diventando sempre più critica: stanno aumentando le violazioni, nonostante ad esempio l’abaya sia vietato. A fronte quindi delle varie proteste rivoltegli, è intervenuto Pap Ndiaye, Ministro dell’Educazione francese, per zittire chi lo accusa di mancanza di fermezza.
Il 6 giugno, come riporta Le Parisien, Ndiaye ha incontrato i rettori delle accademie per affrontare la tematica, e ha intenzione di rivolgersi a tutti i capi d’istituto in videoconferenza entro l’estate per poter approntare le giuste misure per contenere il fenomeno ed evitare eventuali ripercussioni.
Fermezza e vigilanza: le richieste di Pap Ndiaye contro gli attacchi alla laicità nelle scuole
Ai rettori Pap Ndiaye ha chiesto di applicare con “fermezza” i principi della laicità nelle scuole, e di non tollerare in ogni caso il mantenimento di “aree di illegalità”, con un occhio di riguardo alle scuole di Marsiglia, maggiormente colpite da attacchi contro la laicità. I rettori, ha aggiunto Pap Ndiaye, non dovrebbero esitare a coordinarsi con le prefetture per identificare e porre rimedio ai suoi problemi, senza comunque trascurare il dialogo tra i dirigenti scolastici e gli studenti e le loro famiglie. Il fenomeno, come è emerso, sta a cuore al Governo francese, che non ha intenzione né di sottovalutarlo né di esagerare nel tenerlo a freno. Va però preso in considerazione il rischio di problemi più seri.
I dati parlano di una diminuzione di queste situazioni di circa il 30% tra aprile e maggio, dopo un brusco aumento registratosi a marzo. Il Ministro in ogni caso ha ribadito la necessità di applicare la legge del 2004 che vieta di indossare “simboli religiosi evidenti” nelle scuole, lasciando comunque ai capi d’istituto la discrezionalità di valutazione se abiti come l’abaya e il qami siano da considerare vietati. Alla luce di tutto ciò, dal momento che il numero di incidenti segnalati è nettamente inferiore alla realtà, Pap Ndiaye ha chiesto infine ai rettori di non sottrarsi alla denuncia, per permettere meglio di contenere il fenomeno.
Abbigliamento religioso a scuola: un modo per “penetrare nelle menti delle future generazioni”
La preoccupazione del Comitato interministeriale per la prevenzione della delinquenza e della radicalizzazione si è spinta anche oltre, considerando l’esibizione dell’abbigliamento religioso un modo anche per “penetrare nelle menti e preparare le generazioni future”. Dunque quella che sta dietro questo fenomeno sembrerebbe una strategia islamista ben strutturata e provocatoria, con un preciso disegno sotteso. Il Ministero che fa capo al Dipartimento provvederà dunque anche a monitorare i social network a scopo preventivo, per bloccare sul nascere possibili crisi e spaccature che potrebbero avere un forte impatto sulla società francese e non solo.