FRANCIA, CAOS PENSIONI/ “Il sì alla riforma non salva Macron da una doppia crisi”

- Carole Rinville

La mozione di censura non passa e la riforma delle pensioni è legge. Ma si apre una crisi di sistema: la tripartizione del quadro politico non consente più compromessi

francia Francia, l'Assemblea nazionale (LaPresse)

278 voti a favore della mozione di censura presentata dal gruppo Liot sui 287 necessari per respingere il progetto di riforma delle pensioni voluto da Emmanuel Macron. Il progetto è stato quindi approvato senza sorprese, nonostante gli appelli al coraggio di Marine Le Pen nei confronti dei deputati repubblicani, gli unici che erano in grado di far pendere la bilancia e la pressione dei sindacati e della strada.

All’opposizione sono mancati nove voti per far cadere il governo, ma la fine della crisi è ancora lontana e il futuro appare molto incerto per la Francia, che deve affrontare una doppia crisi.

La prima è politica e non ha precedenti nella Quinta Repubblica: l’assenza non solo di una maggioranza presidenziale, ma anche di una maggioranza di opposizione in grado di sostituirla. Questa decomposizione del tessuto politico, con una tripartizione che non consente compromessi e consenso, si è espressa chiaramente con la riforma delle pensioni. L’unità del campo di Emmanuel Macron ha mostrato i suoi limiti di fronte a una riforma voluta dal suo leader ma poco sostenuta nella realtà dai suoi deputati, mentre i Repubblicani si sono mostrati più divisi che mai e alleati poco affidabili per il Presidente della Repubblica convinto di poter contare sul loro sopporto, soprattutto per questa riforma che chiedevano da anni. La difficoltà di trovare una maggioranza con la destra lascia intendere che sarà impossibile trovarne una con la sinistra in futuro e pone il quinquennio di Macron in una situazione di stallo politico.

La seconda crisi, forse ancora più grave perché va oltre la riforma delle pensioni, è quella sociale in cui la Francia sembra essere nuovamente impantanata. I dati degli ultimi sondaggi mostrano l’ampiezza della frattura tra il popolo e l’esecutivo: il 67% era ostile alla riforma, il 68% era favorevole a un voto di sfiducia, il 22% si dice oggi favorevole al ricorso alla violenza e l’indice di popolarità del capo dello Stato è sceso sotto il 30%. È una rottura che si è appena consumata, come dice la rabbia “pura” che i francesi esprimono oggi nelle piazze. È un sentimento di profonda ingiustizia, di incomprensione quello che i manifestanti esprimono, la sensazione che siano sempre le stesse persone ad essere chiamate a fare uno sforzo, a dover pagare più tasse, mentre Emmanuel Macron aveva promesso più distribuzione e solidarietà. La prova di forza del ricorso all’articolo 49.3 ha accentuato la sensazione dei francesi di non essere ascoltati ed è intorno a questa “negazione della democrazia” che la violenza si sta cristallizzando e sta crescendo.

In concreto, cosa possiamo aspettarci nei prossimi giorni? Il governo sceglie di mantenere la riforma nonostante le pressioni dei sindacati e della strada. Tuttavia, la sua applicazione è già compromessa dai ricorsi al Consiglio Costituzionale che potrebbero essere presentati dall’opposizione e dalla proposta di legge di un referendum di iniziativa popolare sull’età pensionabile già presentata dai parlamentari contrari alla riforma. Secondo gli analisti politici, uno scioglimento del Parlamento sembra essere escluso, perché il governo sarebbe ancora più indebolito e Macron non avrebbe nulla di buono da guadagnarci.

Un’altra opzione potrebbe essere quella di cambiare il primo ministro, ma questo non risolverebbe il problema fondamentale della mancanza di una maggioranza, e gli ostacoli che ne deriverebbero per le riforme da realizzare.

La grave crisi politica e sociale che indebolisce l’esecutivo a solo un anno dal suo insediamento e il malessere democratico indicano un grave scollamento tra il popolo e i suoi leader. La radice del problema rimarrà la stessa nonostante la violenza che si sta verificando nelle strade: le pensioni rappresentano una spesa annuale di 350 miliardi di euro in Francia. È un dato di fatto, così come è un dato di fatto che la Francia non ha più i mezzi finanziari per erogarle, nonostante tutti i possibili arbitrati a cui i francesi vogliono credere. Il governo e il capo dello Stato sono ora pesantemente sanzionati per la loro mancanza di comunicazione e sul metodo utilizzato, ma accettare in futuro misure anche spiacevoli rischia di diventare un obbligo per i francesi, per quanto doloroso possa essere.

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