Lo speciale di questa sera di ‘Ora e sempre 25 aprile‘ – in onda su Rai 3 a partire dalle ore 21:20 con la conduzione di Marco Damilano – è stato realizzato all’interno dell’abitazione dei fratelli Cervi che divenne un vero e proprio punto nevralgico della Resistenza, rifugio sicuro per i partigiani e per i feriti: un luogo – certamente – simbolico dal quale Damilano narrerà proprio le gesta di chi ha reso possibile la liberazione del bel paese dall’occupazione nazifascista, soffermandosi – tra gli altri – anche su quei fratelli Cervi che sono diventati un vero e proprio simbolo della lotta partigiana, noti anche a livello internazionale grazie alla biografia che scrisse loro padre, Alcide Cervi.
Per rispondere alla domanda ‘chi erano i fratelli Cervi‘ non possiamo – peraltro – che partire proprio dalla figura dello stesso Alcide Cervi, comunissimo contadino che fin dal 1921 si avvicinò politicamente al Partito Popolare e alle idee di Prampolini, diffondendo all’interno della sua numerosissima famiglia (in totale i figli erano nove) un vero e proprio sentimento di repulsione verso il Duce, il fascismo e la guerra: è in questo contesto che nascono i sette fratelli Cervi protagonisti della leggenda, ovvero Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore.
Chi erano i fratelli Cervi: la resistenza, la lotta armata e il tragico epilogo nel dicembre del 1943
Già dagli anni ’30 della salita al potere di Benito Mussolini, i sentimenti dei fratelli Cervi erano chiarissimi a chiunque vi avesse – direttamente o indirettamente – a che fare, ma il loro approdo nella lotta armata arrivò solo molto più tardi dopo essersi dedicati anima e corpo nella lettura e nello studio per rendere l’attività di famiglia – ovvero l’agricoltura – una vera e propria scienza: le prime attenzione dalle truppe del Duce per alcuni dei fratelli arrivarono a cavallo tra gli anni ’30 e gli anni ’40, segnalati per le loro “chiare” simpatie comuniste; ma la svolta ci fu con la conoscenza di Dante ‘Facio’ Castellucci nel 1943.
Quell’anno i fratelli Cervi capirono che era di passare dalle parole all’azione e trasformarono la cascina di famiglia in un vero e proprio luogo di accoglienza per antifascisti, partigiani, comunisti e sovietici feriti e sfuggiti alle grinfie nazifasciste che li iniziarono al mondo della lotta armata: seguirono alcune settimane in cui i fratelli – ormai noti come ‘Banda Cervi’ – organizzarono con successo alcuni attacchi e assalti contro le truppe tedesche ed italiane; tutto fino alla tragica alba del 25 novembre del 1943.
In quell’occasione la cascina dei fratelli Carvi fu circondata da truppe nazifasciste che intimarono loro di uscire allo scoperto, deporre le armi e consegnarsi: invito che non fu ascoltato e dal quale scaturì un breve scontro a fuoco culminato con un incendio alla cascina che costrinse i fratelli a consegnarsi per salvare la vita alle 15 donne e bambini che si trovavano all’interno; mentre l’epilogo di questa storia ci porta all’amba del 28 dicembre dello stesso anno in cui dal Poligono di Tiro di Reggio Emilia si alzò il rumore di otto spari che riecheggiarono all’unisono sancendo la morte dei fratelli Cervi e del compagno di armi Quarto Camurri.