Per la prima volta dopo il licenziamento da parte del premier Benjamin Netanyahu, l’ex ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha concesso una lunga intervista all’emittente Channel 12 rivolgendo delle pesanti critiche nei confronti del governo di Tel Aviv in merito alla conduzione della guerra a Gaza che – a suo avviso – si sarebbe potuta concludere più rapidamente se fossero state prese per tempo tutta una serie di decisioni: proprio le critiche alla conduzione della guerra da parte di Netanyahu sarebbero al centro del licenziamento di Gallant che arrivò anche a chiedere di istituire una commissione d’inchiesta ufficiale sul fallimento lampante che il 7 ottobre 2023 ha portato all’attacco da parte di Hamas.
Partendo dal principio, Gallant nella sua intervista ha confermato che il suo piano originale prevedeva di attaccare gli Hezbollah in Libano già l’11 ottobre del 2023 – a pochi giorni dall’attacco da Gaza -, definendo il rifiuto da parte del governo “la più grande opportunità mancata per Israele dalla sua fondazione”: se avessero accolto la sua proposta “avremmo potuto far fuori tutti i capi” del movimento libanese con una serie di bombardamenti mirati; attivando al contempo l’operazione cercapersone – che sostiene essere stata preparata “molto prima della guerra” – che avrebbe permesso ad “Hezbollah come organizzazione militare di [cessare] di esistere”.
Yoav Gallant: “L’accordo con Hamas era pronto già ad aprile e ci avrebbe permesso di salvare più ostaggi”
Similmente, Gallant ha anche spiegato che nelle primissime fasi della guerra l’invasione di Gaza ha tardato ad arrivare per via della reticenza di Netanyahu che “mi aveva detto che ci sarebbero state migliaia [di soldati] uccisi” e che secondo lui i terroristi avrebbero “usato gli ostaggi come bersagli umani“: entrambe tesi poi smentite – di fatto – dalla realtà del conflitto, ma nel frattempo si è dato il tempo ad Hamas di riorganizzarsi e spostare in posizioni segretissime tutti gli ostaggi israeliani.
Proprio in merito agli ostaggi, Gallant non ha faticato a sottolineare che dal suo punto di vista il governo non avrebbe agito nel migliore dei modi, perché – ed è un dato di fatto – “avremmo potuto riportarne a casa di più, prima e ad un costo inferiore” dato che (rivela per la prima volta) il medesimo accordo accettato a luglio era già pronto lo scorso aprile: saltò – spiega – perché “il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich” minacciò di abbandonare il governo se avessero trattato con i terroristi palestinesi e tutto tracollò in un nulla di fatto.