Un'intercettazione del 2007 potrebbe scagionare Alberto Stasi: nell'orario del delitto di Garlasco l'allarme di casa sua era ancora attivo
Durante la diretta di ieri sera della trasmissione Quarta Repubblica si è tornati a parlare – come da abitudine negli ultimi mesi – del delitto di Garlasco, al centro di una nuova inchiesta che sembra intenzionata a riscrivere l’originale impianto accusatorio che portò a una piena condanna nei confronti di Alberto Stasi, sostituito in questo nuovo filone di indagine da Andrea Sempio: proprio sul colpevole accertato in tribunale del delitto di Garlasco si è concentrata la trasmissione di Nicola Porro, rispolverando alcune intercettazioni che risalgono al 2007.
La prima delle intercettazioni vede al centro Alberto Stasi e il padre Nicola, registrata proprio a ridosso dei primissimi sospetti sul ‘biondino dagli occhi di ghiaccio’: nello scambio di battute il padre gli ricorda che “la nostra speranza è che trovino subito qualcosa da queste indagini su tutti quei reperti che hanno lì a Parma, se no è la nostra rovina”, esortando poi il figlio – comprensibilmente scosso e abbattuto – a “cercare di risollevarti” dal turbine mediatico che lo coinvolse in quel periodo.
Dal conto suo, però, Alberto Stasi sostiene che “peggio di così non poteva andare” definendosi “la persona sbagliata, nel momento sbagliato e nel luogo sbagliato” dato che “l’ho vista per ultimo io, l’ho trovata io ed ero a casa da solo” e pur ribadendo chiaramente che “sono innocente” spiega al padre che “siccome c’è il dubbio, se non trovano altro vado a processo io”; ma anche se Nicola prova a rassicurarlo che “seppur sia tutto contro di noi, non hanno ancora finito le indagini e in quella casa non hanno trovato tutto”, Alberto Stasi gli risponde che “con tutto il casino che c’è, se le prenderanno con me“.
Garlasco, l’intercettazione di Alberto Stasi che potrebbe riscrivere il suo alibi: “Ho spento l’allarme alle 12:30”
In una seconda intercettazione, parlando con un amico, Alberto Stasi racconta che “venerdì ho avuto la visita e hanno sequestrato l’antifurto“, con l’amico che obbietta che “da lì però non si vede il numero di entrate e uscite” ottenendo da Alberto la risposta che “no [non si possono vedere], anche perché l’abbiamo chiesto subito a quello che ce l’ha montato”, sostenendo che se fosse stato possibile verificare gli ingressi e le uscite “a questo punto ero già bello che a posto da un mese” dato che “l’ho messo quando sono entrato in casa [presumibilmente la sera prima del delitto di Garlasco, ndr.] e l’ho tolto tipo a mezzogiorno e mezzo“.

Un punto che – ed è bene dire che non può essere verificato, proprio per la mancanza di quella memoria che avrebbe potuto registrare l’attivazione e la disattivazione dell’allarme – fornirebbe un alibi inconfutabile per Alberto Stasi: se l’allarme fosse stato disattivato alle 12:30, infatti, il ‘biondino’ non sarebbe potuto uscire di casa nell’orario dell’omicidio, identificato dalla Cassazione nella sentenza di condanna tra le 9:12 (momento in cui Chiara Poggi disattivò l’allarme della sua abitazione) e le 9:35.
