La trasmissione Zona Bianca è tornata ad occuparsi del delitto di Garlasco alla luce della nuova indagine che, ormai da diversi mesi, occupa stabilmente le pagine di cronaca, piazzando sotto la lente degli inquirenti la figura di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima Chiara Poggi e che già all’epoca delle indagini originali fu indagato e archiviato per due volte consecutive. La spinta alla nuova indagine su Garlasco sembra collegata soprattutto a una perizia della difesa di Alberto Stasi – attualmente condannato in via definitiva – che ricollega una traccia parziale di DNA sotto le unghie di Chiara Poggi proprio al nuovo indagato; mentre, nel frattempo, le suggestioni sui responsabili si accavallano e si susseguono rapidissime, senza effettivamente aggiungere nulla di reale sul delitto.
Per parlare della nuova indagine sul delitto di Garlasco è intervenuto il magistrato Catello Maresca, che si è soffermato sul tema del ragionevole dubbio associato alla posizione – vagliata e confermata dai processi – di Alberto Stasi, spiegando che “il tema della condanna oltre ogni ragionevole dubbio comporta due ordini di valutazione: da un lato bisogna valutare la sussistenza degli elementi indiziari e, dall’altro, l’eventuale assenza di letture alternative, di ipotesi altrettanto logiche e plausibili”.
Secondo il magistrato, “i dubbi all’epoca portarono a ritenere che le ipotesi alternative fossero valide” in primo e secondo grado, per poi ribaltare l’intero impianto in Cassazione. Il tema principale su Garlasco, a suo avviso, è che “il processo indiziario è qualcosa di molto, molto complesso“, perché si basa sulla necessità di collegare gli indizi “a un fatto ignoto” e sarebbe “una valutazione molto complessa e che spesso ha una linea di confine molto sottile, tanto che la Cassazione talvolta dà dei principi”, e a suo avviso è importante “che si rifaccia tutto il processo a partire dal primo grado, perché tutti hanno diritto ad avere due gradi di giudizio”.
Garlasco, il legale di Alberto Stasi: “Io credo che Sempio fosse sulla scena del delitto, assieme ad altre persone”
Nel salotto della discussione su Garlasco, la trasmissione di Rete 4 ha ospitato anche i legali delle due figure al centro di questo caso, con la dottoressa Angela Taccia – che difende il nuovo indagato Andrea Sempio – che da subito ha precisato che “le analisi sui cellulari degli amici” del suo assistito “non ci spaventano, visto che potrebbero finalmente far luce su quello che effettivamente si dissero in quei giorni, dato che, dopo 18 anni, i suoi ricordi non possono essere particolarmente precisi”.
Similmente, sulle intercettazioni a carico di Sempio che stanno venendo fuori e che sembrano avvalorare l’idea che qualcuno in procura passò informazioni sensibili all’indagato in occasione della prima indagine su Garlasco, spiega che “le cose che all’epoca sapevano erano tutte cose che erano già state pubblicate a mezzo stampa”, sostenendo anche che “immagino che Sempio all’epoca esagerasse le sue parole per tranquillizzare la madre, che era parecchio preoccupata”; così come sulla nuova presunta – e del tutto mediatica – pista che conduce al Santuario della Bozzola, vicino a Garlasco, la legale si limita a precisare che “Sempio non c’è mai andato“, se non per “i mercatini in piazza, ma mai dentro”.
Dall’altra parte, non manca neppure il dottor Antonio De Rensis – legale del condannato per il delitto di Garlasco – che, sulle intercettazioni, ha spiegato che “sono sicuro che siano false, perché altrimenti sarebbero molto gravi”, fermo restando che “certamente alcuni passaggi mi fanno riflettere, come quando si parla dei contatti tra Lovati e il rappresentante della parte civile”, sostenendo anche che sarebbe quanto meno singolare che, a fronte di intercettazioni così gravi – specialmente se effettivamente false – nessuno ne abbia “chiesto conto” allo stesso indagato; mentre, interpellato su cosa crede che sia successo in quella villetta di Garlasco, spiega che, a suo avviso, “su quella scena c’erano più di una persona, e io credo che Sempio fosse sulla scena del crimine e che chi era lì aveva ruoli differenti”.