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Home » Donna² » “Genitori preferiscono avere figlie femmine ai maschi”/ Economist: perché non sempre è segno di emancipazione

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“Genitori preferiscono avere figlie femmine ai maschi”/ Economist: perché non sempre è segno di emancipazione

Silvana Palazzo
Pubblicato 8 Giugno 2025
(Ansa)

(Ansa)

Economist: "Genitori preferiscono avere figlie femmine ai maschi", ma non sempre è segno di emancipazione: ecco perché e i pareri a confronto

FIGLIE FEMMINE PREFERITE AI MASCHI: L’ANALISI DELL’ECONOMIST

«Sempre più genitori nel mondo preferiscono le bambine ai bambini», scrive The Economist in un approfondimento in cui affronta un cambiamento significativo nei modelli di preferenza di genere da parte dei genitori in diverse parti del mondo. In generale, il pregiudizio a favore dei bambini si sta riducendo nei Paesi in via di sviluppo, mentre nel “mondo ricco” sta emergendo una preferenza per le bambine.


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Storicamente, molte culture hanno mostrato una forte preferenza per i figli maschi, al punto da causare squilibri demografici gravissimi, come in Cina e India, dovuti ad aborti selettivi contro le femmine. Ma ora non solo si registra un cambio di rotta, come appunto nei Paesi in via di sviluppo: sta emergendo una nuova tendenza opposta nei Paesi ricchi, con una crescente preferenza per le figlie femmine, visibile nei sondaggi, nelle scelte di adozione, nei trattamenti di fertilità e nei modelli di natalità.


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«La preferenza per le bambine è visibile, ad esempio, quando si cercano bambini attraverso l’adozione o nel trattamento della fertilità. L’antico indicatore di preferenza – se i genitori continuano a procreare a seconda del sesso dei figli che hanno già – indica una predilezione per le bambine», scrive il settimanale britannico.

LE CAUSE DI QUESTO FENOMENO NUOVO

Ma è sull’analisi dei motivi di questo cambiamento che i pareri divergono: di sicuro le ragioni alla base non sono affatto chiare, ma i fattori che vi contribuiscono potrebbero essere diversi. The Economist spiega che non sempre questa preferenza sia un segno di emancipazione, ma anzi potrebbe essere un riflesso dei ruoli di genere che permangono, visto che le figlie sono percepite come più affettuose e presenti nella vecchiaia, mentre i figli maschi sembrano più problematici da crescere, con maggiori difficoltà scolastiche, sociali ed emotive.


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Inoltre, c’è una crescente consapevolezza culturale su fenomeni di misoginia e comportamenti maschili problematici (abusi, incel, drop-out). Ci sono poi, per il settimanale, anche fattori economici: ad esempio, in Cina i figli maschi sono un onere finanziario maggiore per via delle aspettative immobiliari.

Tutto ciò, però, non vuol dire che i bambini maschi siano ora svantaggiati, né che vi siano prove concrete di discriminazioni nei loro confronti. Il fenomeno, peraltro, è in evoluzione e riflette dinamiche complesse di genere, cultura, società e demografia, ma The Economist suggerisce che «alleviare le pressioni sociali che portano i genitori a preferire le bambine ai bambini sarebbe una buona idea, a prescindere dalle ultime statistiche sul rapporto tra i sessi alla nascita».

FEMMINILIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ…

Per la sociologa Anna Simone, il tema centrale è il cambiamento sociale legato al ruolo delle donne nella società e nel potere, con particolare attenzione alla decostruzione del patriarcato. Per la docente di Sociologia della politica, genere e conflitti all’Università Roma Tre, il fenomeno è attribuibile a un mutamento sociale profondo che ha portato a valorizzare di più il femminile.

Nell’intervista a la Repubblica, evidenzia che oggi le donne si laureano più degli uomini e ottengono risultati migliori nelle carriere, secondo dati statistici. Questo contribuisce a una maggiore fiducia sociale nella figura femminile. Inoltre, il patriarcato si sta sgretolando, messo in discussione dalla metà del Novecento in poi dai movimenti femministi, portando a una trasformazione globale.

Per la professoressa Anna Simone, questi cambiamenti sono visibili anche in società non occidentali. Anche se alcune donne al potere replicano comportamenti maschili, la presenza crescente delle donne cambia la struttura del potere stesso, introducendo modalità diverse di gestione e relazione.

Dunque, parla di “femminilizzazione della società” come segno positivo di progresso, anche perché la cultura femminile, rispetto a quella maschile, è più orientata alla cooperazione e alla costruzione di relazioni, e meno incline al conflitto e alla violenza. Quindi, le donne portano valori diversi nel potere.

…O MASCHIO DEMONIZZATO?

Di parere diverso è Francesco Borgonovo, che su La Verità ha pubblicato un’analisi critica all’articolo di The Economist. Ne condivide in parte i dati e solleva anche preoccupazioni importanti, criticando l’atteggiamento culturale che definisce come “demonizzazione del maschio”.

Il giornalista critica duramente l’idea che la mascolinità sia in sé tossica o pericolosa, e sostiene che oggi essere maschio è percepito negativamente; infatti, molti genitori temono di avere figli maschi. Dunque, la società si è spostata da un sessismo anti-femminile a un pregiudizio anti-maschile.

Un nuovo pregiudizio di segno opposto che, secondo l’autore, è problematico e dannoso, soprattutto per i ragazzi adolescenti, che crescono con l’idea che essere maschi sia “sbagliato” o “pericoloso”, ma anche perché il dibattito culturale rischia di diventare squilibrato.

Pur non volendo un ritorno a un mondo patriarcale e non volendo giustificare il sessismo passato, Borgonovo invita a riflettere seriamente sui danni di un nuovo pregiudizio anti-maschile, che potrebbe compromettere la crescita equilibrata dei bambini, alimentare problemi psicologici nei ragazzi e inasprire le tensioni tra i generi.


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