Quando è stata approvata è stata subito etichettata come ordinanza “anti-kebab”. Questo perché “bandiva” le attività commerciali etniche e gestite da stranieri. Pensiamo appunto ai ristoranti di kebab, ma anche ai money transfer, internet point e phone center, considerati produttori di “degrado”. Ma questa delibera approvata l’anno scorso dalla giunta di centrodestra del comune di Genova si è rivelata un boomerang, perché ha ostacolato l’arrivo in città di una grande catena di negozi tedeschi. Si tratta della Dm, che vende prodotti cosmetici naturali, cibo biologico e prodotti per la cura della casa e la persona. La catena voleva aprire a Genova tre punti vendita, ma subito è emerso il problema dell’ordinanza. Tra le regole introdotte ce n’è una che proibisce l’apertura di nuovi negozi che vendono più di una tipologia di prodotto. All’epoca si parla di una delibera che avrebbe dovuto ostacolare i bazar o supermercati gestiti da imprenditori cinesi, attività ritenute fonte anche di concorrenza sleale per quelle italiane. Ma alla fine a farne le spese è la catena di drogherie tedesche. Ora però il Comune di Genova è pronto a correre ai ripari.
GENOVA, PERCHÈ LA DELIBERA “ANTI-KEBAB” È UN AUTOGOL
L’assessore allo Sviluppo economico di Genova, Giancarlo Vinacci, al Fatto Quotidiano ha spiegato che sono al lavoro per «risolvere l’incidente». Inoltre, ha assicurato che «il sindaco ha garantito il suo impegno». La giunta dunque ritiene che non tutti i negozi stranieri siano un problema: se sono tedeschi, dunque, vale la pena approvare una deroga. Una discriminazione nella discriminazione. Tutto era partito dalle richieste di cittadini e commercianti per il degrado di alcune zone del centro storico cittadino a causa di attività commerciali poco decorose. Di questa richiesta si fece carico la Lega, infatti ad occuparsi materialmente della scrittura di quella delibera è stata la leghista Paola Bordilli, assessora al Commercio della regione. Ci sono state varie modifiche, soprattutto nelle parti più estreme, ma il testo resta potenzialmente discriminatorio nel suo impianto. Nonostante ciò un paio di locali sono stati aperti aggirando il divieto che imporrebbe solo cucina “europea”. Uno è un ristorante messicano, l’altro un’hamburgeria, con quest’ultimo forse aiutato dal fatto che nel menù c’è un hamburger al pesto genovese. Elisa Serafini, ex assessora al Marketing territoriale e Cultura del comune di Genova, ora dichiara: «Oggi il centro storico di Genova è in condizioni pessime. Questo regolamento va abrogato».