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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » GEO-FINANZA/ Quel dazio Usa del 15% che pesa già su merci e servizi dell’Ue

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  • Economia e Finanza

GEO-FINANZA/ Quel dazio Usa del 15% che pesa già su merci e servizi dell’Ue

Int. Mario Deaglio
Pubblicato 4 Luglio 2025 - Aggiornato 14 Luglio 2025 ore 11:15
Trump

Il presidente americano Donald Trump (Ansa)

Si avvicina la scadenza del 9 luglio e prosegue il dialogo tra Stati Uniti e Unione europea riguardo i dazi

Si avvicina il 9 luglio, data in cui scadrà la sospensione dei dazi decisi dall’Amministrazione Trump che il Presidente non pare intenzionato a prorogare. Ue e Usa continuano a negoziare un accordo che potrebbe prevedere una tariffa generalizzata del 10%, con Bruxelles che vorrebbe ottenere delle esenzioni in alcuni settori chiave.


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Secondo Mario Deaglio, professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, non si può tuttavia trascurare il fatto che in qualche modo l’Europa sui dazi «ha già dato, nel senso che il dollaro si è svalutato nei confronti dell’euro del 15% circa dall’inizio dell’anno e questo significa che l’importazione di merci e servizi dei Paesi dell’Eurozona negli Stati Uniti è già più costosa, come se ci fosse un dazio».


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Per qualcuno questo calo del dollaro sconta già il post-Powell e quindi tagli futuri dei tassi da parte della Fed. Cosa ne pensa?

Mi sembrerebbe azzardato pensare che sui mercati valutari vengano scontate già le mosse della Fed post-Powell. Infatti, il mandato dell’attuale Presidente scadrà a maggio dell’anno prossimo ed è difficile ritenere che gli investitori oggi stiano guardando già così avanti nel tempo.

Secondo lei, come si chiuderà la trattativa tra Ue e Usa sui dazi?

Non so se il 9 luglio sarà realmente una scadenza inderogabile. Penso occorrerà osservare, senza frenesia, l’evolvere della situazione. Per esempio, capire cosa Bruxelles deciderà di fare rispetto all’ipotesi di tassare le Big Tech americane. Si potrebbe anche pensare di introdurre un’imposta molto blanda e destinare gli introiti a un fondo per aiutare le imprese dei settori più colpiti dai dazi. Sarà interessante vedere anche quanta della maggior spesa nella difesa promessa dai Paesi europei finirà in ordini all’industria militare americana. E occorrerà anche tenere d’occhio la geopolitica.


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Che cosa in particolare?

L’andamento delle guerre a Gaza e in Ucraina, anche per quel che riguarda il fattivo invio di armi americane a Kiev. Non trascurerei nemmeno l’effetto che potrebbero avere le pressioni degli importatori americani di beni provenienti dall’Ue sulla Casa Bianca. Io penso che alla fine a Trump converrebbe abbandonare il discorso sulle tariffe per aprirne uno sulla collaborazione con gli altri Paesi.

Ci sono le condizioni per farlo?

Nell’ultimo mese si è passati da toni molto prossimi alle guerre ad altri di maggiore distensione. Certamente è difficile prevedere che piega prenderanno gli eventi, ma c’è un clima diverso rispetto a qualche settimana fa. Anche i rapporti tra Washington e Pechino sembrano migliorati, a mio avviso anche perché la Cina ha frenato ulteriormente i programmi relativi alla moneta del Sud del mondo alternativa al dollaro.

A proposito di Cina, in un recente report è stato evidenziato che l’Ue importa molto dal gigante asiatico in settori strategici come semiconduttori, turbine e uranio. C’è il rischio di diventare troppo dipendenti da Pechino?

Per quanto riguarda le materie prime corriamo questo rischio, ma d’altro canto non siamo in grado di utilizzare pienamente quelle che abbiamo in Europa, anche per via di veti e opposizioni a volte comprensibili, altre meno. Per quanto riguarda i beni di consumo, i cinesi hanno fatto passi da gigante sulle auto e probabilmente sarebbero anche disposti a un accordo con l’Ue. Del resto non dobbiamo dimenticare che in Europa abbiamo collaborato molto nel secolo scorso con i produttori di auto americani.

Sembra anche che l’Ue stia cercando di stringere una partnership strategica con i Paesi del Cptpp (Accordo globale e progressivo per il partenariato trans-pacifico), di cui fanno parte 12 Stati (tra cui Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Vietnam e Messico) e che non vede la presenza di Usa e Cina. Cosa ne pensa? Si tratta di un pezzo del puzzle di ricomposizione di un nuovo ordine internazionale?

Probabilmente sì, occorre però avere contezza che non si può sapere oggi che sembianze potrà avere questo nuovo ordine. Alcuni anni fa ho teorizzato la globalizzazione-arcipelago, per cui il mondo sarebbe composto da diversi arcipelaghi, al cui interno vige una certa armonia, ma che non riescono a integrarsi completamente tra loro. Probabilmente andremo incontro a qualcosa di simile.

In questo contesto come vede la situazione dell’Italia?

Tutto sommato positiva. Colpisce, soprattutto, la stabilità politica del nostro Paese rispetto ad altri, come la Gran Bretagna, alle prese con i tagli al welfare di Starmer, la Francia, dove Bayrou e Macron appaiono ancora deboli, e la Spagna, dove il Governo di Sánchez traballa per via del coinvolgimento di alcuni dirigenti del Psoe in inchieste giudiziarie.

(Lorenzo Torrisi)

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Tags: Donald TrumpEmmanuel Macron

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