GERMANIA IN RECESSIONE/ La frenata di cui l’Italia non può rallegrarsi
Con la revisione al ribasso sul Pil del primo trimestre, ieri la Germania è entrata ufficialmente in recessione tecnica

La Germania è in recessione tecnica. Questa è davvero una notizia. Anzi, oggettivamente, possiamo ammetterlo: è la notizia. La notizia che non riguarda solo ieri, ma riporterà le proprie tracce nei prossimi anni. Guardando, infatti, alla recente storia economica del Paese tedesco un tale riscontro negativo non trova una sua immediata corrispondenza nello scorrere più recente degli ultimi annuali.
Allargando maggiormente lo spettro per questa eventuale ricerca, l’attuale recessione tecnica della Germania non compare soprattutto se contestualizzata a un clima positivo che caratterizza i Paesi a lei vicini. Raramente, in materia economica, i tedeschi hanno occupato gli ultimi posti lasciando, invece, il primato (e il primeggiare) ai loro più diretti “rivali”.
Storia (passata) a parte, guardando al presente, oggi, il dato è questo: -0,3% è la variazione percentuale relativa al primo trimestre 2023 registrata dall’Ufficio federale di statistica Destatis (-0,20% su base tendenziale rispetto al +0,2% della prima lettura). Un saldo negativo che nella sua interezza ha rivisto (in peggio) la precedente stima preliminare individuata – solamente – nella mera parità: a uno zero. A uno zero senza alcuna virgola. In queste ultime ore, purtroppo, tale soglia di neutralità è stata infranta abbondantemente e, fatto ancor più grave, l’attuale “segno meno” va a seguire il precedente di fine 2022. Anche in quell’occasione (rif. Pil IV trimestre), l’ammontare stimato in sede preliminare era stato quantificato in un “solo” -0,20% per, successivamente, essere, però, confermato (sempre in peggio) a -0,5% (rif. rilevazione Destatis). Ieri, l’ennesimo scenario è stato rivissuto dalla Germania che, alle prime ore della mattina apprendeva come la sua economia non era più stabile a quota zero, ma, invece, subiva l’onta dei biechi e cinici numeri che, mediante la loro entità, davano forma alla cosiddetta recessione tecnica. Uno smacco. Perché di questo si parla.
È inutile ricorrere a improvvisate forme di empatia raffazzonate nel corso delle ultime ore con il fine di poter essere vicini agli amici tedeschi. La retorica, questa volta, potrebbe non reggere. È anche decisamente vero come, pochi, pochissimi osservatori avevano riportato come questa casistica recessiva avrebbe in qualche modo “colpito” la principale economia europea ormai – oggi – certificata in veste di ex locomotiva d’Europa. Raramente “un caso” come quello tedesco riscuote interesse: i numeri, guardando al passato, hanno sempre visto la Germania in pole position. Altissime, pertanto, le probabilità di errore nel competere contro. Invece, senza alcuna vanagloria, proprio noi abbiamo “remato contro”. Soprattutto recentemente. Contro ogni pronostico, contro ogni stima precedente, contro ogni probabile evento positivo: quest’ultimo a detta di molti. Oggi, questi ultimi, quasi certamente, si accoderanno al clima di scetticismo in casa tedesca che, sicuramente, neonati detrattori andranno a commentare (con il senno di poi) come se tutto fosse stato chiaro da mesi. Facciano pure.
Quello che a noi importa è quanto ha doverosamente sottolineato il commissario europeo agli affari Economici Paolo Gentiloni in occasione dell’attuale XVIII edizione del Festival dell’Economia di Trento: «Se la Germania non cresce non è una buona notizia per l’Europa». Non solo. «La manifattura italiana è molto legata a quella tedesca e quindi la situazione in Germania può influire anche nel nostro Paese». Questa è la realtà. È, comunque, sempre realtà quel riscontrare dal comunicato predisposto dall’Ufficio federale di statistica Destatis come vi sia un parallelismo numerico (v. tabella) che evidenzia la Germania a saldo negativo rispetto ad altri “competitors” che riportano valori di segno positivo. Fatto decisamente inconsueto soprattutto se in veste di capofila a questo circoscritto ranking ci sono la Spagna e l’Italia. Proprio loro.
Tralasciando l’emotività che potrebbe caratterizzare il senso di un velato piacere per le disgrazie altrui suggeriamo di seguire il messaggio dello stesso commissario europeo agli affari Economici Paolo Gentiloni: «il segno meno della Germania, anche se piccolo, è una cosa per cui anche l’Italia non può rallegrarsi». Un invito rivolto a tutti, condivisibile perché reale, concreto perché oggettivo come: la Germania è in recessione tecnica.
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