Gian Maria Volonté, chi era uno dei più grandi attori italiani del Dopoguerra? "Tutto il cinema è politico, anche quello privo di contenuti perché...
GIAN MARIA VOLONTÈ, IN UN DOCUMENTARIO IL RACCONTO DELL’UOMO DIETRO L’ATTORE
Gian Maria Volonté, chi è “l’uomo dai mille volti” e cosa sappiamo della vita e della carriera di uno dei più grandi interpreti della storia del cinema italiano? Questa sera, in fascia prime time su Rai 3 (l’appuntamento è a partire dalle ore 21.20), andrà in onda il film documentario dal titolo omonimo (“Volonté – L’uomo dai mille volti”, diretto da Francesco Zippel) e in cui si racconta, prima ancora che l’attore, il percorso e la lunga militanza di un artista da sempre impegnato e che, come recita la presentazione su RaiPlay di quest’opera del 2024, “la sua militanza è intesa come profonda adesione ad un ideale, risuona nel racconto di chi o ha conosciuto e di chi, oggi, ne porta avanti il testimone”. E, con l’occasione, raccontiamo in breve chi è stato Gian Maria Volonté e quali sono stati i suoi mille volti.
Classe 1933, originario di Milano ma torinese d’adozione, e morto a soli 61 anni nel 1994 in Grecia, nella piccola località di Florina, mentre stava girando il film “Lo sguardo di Ulisse” di Theo Angelopoulos a causa di un infarto, Gian Maria Volonté è stato non solo un interprete tra i più versatili delal cinematografia mondiale dello scorso secolo, ma anche un attore capace di reinventarsi di decennio in decennio, passando da personaggio iconico degli spaghetti western di Sergio Leone a uno dei simboli dell’impegno politico dei personaggi del mondo dello spettacolo negli Anni Settanta, grazie a ruoli indimenticabili ma pure alla collaborazione decisiva con registi che hanno fatto delle loro opere di tematiche civili la loro cifra stilistica (basti pensare non solo a Elio Petri, protagonista di un clamoroso sodalizio artistico con Volontè, ma pure a Francesco Rosi e Giuliano Montaldo, tanto per citarne due).

VOLONTÈ, DUE MATRIMONI E UNA FIGLIA CON CARLA GRAVINA CHE…
Uscito dalla prestigiosa scuola dell’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma, Gian Maria Volonté oggi infatti è ricordato per El Indio in “Per qualche dollaro in più” e soprattutto quella maschera immortale che è Ramón Rojo di “Per un pugno di dollari” anche se, a livello artistico, poche interpretazioni nel cinema italiano raggiungono l’istrionismo del suo personaggio del ‘Dottore’ in “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, pellicola di Petri premiata con l’Oscar al Miglior Film Straniero nel 1971. Hollywood non lo premiò mai con un Oscar, ma il suo ricco palmarès di riconoscimenti fa il paio con l’immagine che oggi resta di Volontè, ovvero uno dei volti capaci di impersonale la feroce critica sociale e politica al sistema del tempo. “Tutto il cinema è politico. Anche quello privo di contenuti. Il discorso va impostato sul tempo libero, non sul contenuto del film. Oggi tempo libero cosa significa? Significa il momento dell’evasione, della non riflessione, del consumo. E il sistema ti offre i mille modi per riempirlo, compresi i film che ti mettono in condizione di non pensare. E questo è il dato politico”.
A livello personale, invece, di Gian Maria Volonté si può ricordare che ebbe soprattutto due storie d’amore importanti: l’attore e regista infatti si sposò due volte, la prima con Tiziana Mischi, all’epoca molto giovane (il matrimonio durò dal 1957 al 1962), successivamente con Armenia Balducci; tuttavia è dalla relazione con Carla Gravina che nacque la sua primogenita e unica figlia, Giovanna, nel 1961. “Mio padre era il volto dell’Italia” aveva raccontato la donna (che ha preso il cognome materno dal momento che il padre a quel tempo era ancora sposato con la Tiziana Mischi e per legge non aveva potuto riconoscere la bambina) una volta a ‘la Repubblica’, ricordando la figura del genitore. E da oltre vent’anni, Giovanna Gravina, a luglio, organizza in Sardegna, il festival ‘La valigia dell’attore’ dedicato al papà, dove questi volle essere sepolto: “Quando decisi di lasciare Roma per trasferirmi alla Maddalena, Gian Maria (lei il padre lo chiama così, per nome, ndr) era morto da un anno. In molti pensavano che volessi seguire le sue spoglie e una volta elaborato il lutto sarei tornata a Roma. Sbagliavano: sono qui da 22 anni e non me ne andrei per nulla al mondo” si legge in un suo ritratto sul ‘Corriere della Sera’.
