L’Air Force One atterra a Roma in un clima sospeso tra diplomazia e ambiguità con Donald Trump, che prima di lasciare Washington annuncia l’incontro con il Primo Ministro italiano ma senza chiarire se sarà un saluto fugace o un confronto sostanziale e, intanto, l’ago della bilancia lo muove Giancarlo Giorgetti: il ministro dell’Economia, dopo l’incontro a Washington con il segretario al Tesoro Scott Bessent, parla di “apertura reciproca” su dazi, tassazione digitale e difesa: “Forse è il caso di un big deal transatlantico“ suggerisce, lasciando trapelare ottimismo.
Ma la realtà è più complessa: l’Europa è divisa, l’Italia cerca di ritagliarsi un ruolo di mediatore, mentre Meloni – in attesa di un cenno da Trump – studia mosse cautelari.
Mentre Trump sorvola l’Atlantico, è Giorgetti a tenere le fila del dialogo con il suo incontro con Bessent – tecnico ma carico di simbolismo – che delinea una roadmap: ridurre le tensioni commerciali, allineare la tassazione sul digitale, aumentare gli investimenti nella difesa comune. “Lo spirito giusto c’è” ripete il ministro, ma i dettagli sono nebulosi e il nodo resta l’acciaio: i dazi del 25% imposti da Trump nel 2018 gravano ancora sull’export italiano, con danni stimati in 1,2 miliardi l’anno, Bruxelles preme per una soluzione comunitaria, ma Roma gioca una partita solitaria, cercando intese bilaterali.
Giorgetti e il puzzle transatlantico: tra dazi e difesa, la sfida del “big deal”
A margine dei funerali di Papa Francesco, però, la politica sembra sospesa con Emmanuel Macron bolla come “inopportuni” gli incontri diplomatici, Antonio Tajani frena: “Oggi è giorno di lutto, non di trattative”. Eppure, tra i corridoi del Quirinale, qualcosa potrebbe accadere: Meloni non esclude un faccia a faccia lampo con il tycoon.
Una foto, una battuta, una promessa non vincolante: basta poco, in era di social, per accendere la narrazione e Trump, dal canto suo, ha fretta: rientra oggi stesso negli USA, lasciando ai tweet il compito di amplificare (o distorcere) ogni gesto.
Intanto, Roma osserva, calcola e trattiene il fiato: Meloni vuole mostrarsi regista sullo scacchiere globale mentre l’Europa arranca, divisa tra protezionismo e sudditanza e, in questo scenario, Giorgetti – con il suo pragmatismo – prova a cucire gli strappi la diplomazia ma il rischio è che, tra dazi e difesa, il “big deal” si riduca a solo a un compromesso.