Non ha dovuto sopportare solo il dolore per la perdita del padre. Francesca Ambrosoli ha dovuto portare per tutta la vita, insieme alla sua famiglia, il peso di una ingiustizia immensa. L’11 luglio 1979 l’avvocato e commissario liquidatore della Banca Privata Italiana Giorgio Ambrosoli venne ucciso con tre colpi di pistola sotto casa a Milano. Il giorno dopo avrebbe dovuto sottoscrivere una dichiarazione formale per confermare la necessità di liquidare la banca e attribuire la responsabilità della situazione a Michele Sindona. Non lo fece perché il mafioso italoamericano William Aricò, ingaggiato proprio da Sindona, gli sparò.
Forse il libro che Francesca Ambrosoli ha scritto per ricordare il padre Giorgio Ambrosoli, eroe ed esempio di civiltà e onestà, può servire ad alleviare quel peso. «È la prima volta che mi racconto così intimamente», confessa nell’intervista resa a Famiglia Cristiana. «Ero la figlia femmina e, come spesso capita, avevo un rapporto speciale col mio papà. Anche perché sono stata attesa per ben sei anni». Il libro, in cui ripercorre infanzia e adolescenza, mettendo a fuoco i luoghi del cuore e le persone importanti per lei, è stato scritto con l’amica ed ex capo scout Luisa Bove. «Gli scout sono stati un sostegno fondamentale. Nel gruppo sono nate amicizie ancora vive oggi. Ai tempi hanno cercato di supportare mia madre», che era rimasta sola con tre figli. «L’estate in cui uccisero mio padre permisero a mio fratello Umberto, anche se non aveva l’età, di partecipare al campo».
FRANCESCA AMBROSOLI “NON SO DOVE HO TROVATO LA FORZA”
Gli amici sono stati per loro una «valvola di sfogo e l’appiglio per avere momenti di normalità». Inoltre, sono stati quella sorta di “fratello maggiore” che Francesca Ambrosoli non aveva e che avrebbe voluto avere in quei momenti difficili. «Se penso a me in quegli anni mi faccio tenerezza. Con quel fardello sulle spalle…», racconta a Famiglia Cristiana. Inoltre, era «legatissima» al fratello Filippo, «che oggi non c’è più». La morte di Giorgio Ambrosoli li ha tenuti vicini: «Siamo cresciuti con amici e luoghi di riferimento comuni. Alla bambina che ero vorrei dire che le ho voluto bene, che è stata coraggiosa e che non so dove abbia trovato la forza in quei momenti tremendi. Non so se oggi la troverei di nuovo».
Forza è servita anche per portare un cognome che in certi momenti era un peso. «Quel vissuto sulle mie spalle era difficile da raccontare e condividere». Ora Francesca Ambrosoli racconta sua padre, non solo nel libro, ma anche negli incontri nelle scuole. L’idea del libro nasce proprio da quel senso di vicinanza che ha provato nella sua vicenda. «Una professoressa di Lettere aveva invitato la sua classe a scrivere dei temi. Li ho letti. Sono bellissimi e ho voluto renderli protagonisti pubblicandoli in appendice insieme ad altri interventi di chi ha avuto storie simili alla mia».