Come Saman, tante giovani donne rischiano di essere inghiottite dall’incubo delle nozze forzate, in un abisso di violenze e privazioni da parte delle loro famiglie. La denuncia stavolta arriva da una studentessa indiana che vivrebbe nella stessa regione italiana, l’Emilia-Romagna, in cui la 18enne pakistana trovò la morte nel 2021 a seguito della sua resistenza al matrimonio combinato dai parenti in patria. La ragazza, riporta Ansa, sarebbe stata salvata da un inferno fatto di maltrattamenti grazie all’intervento della preside che, raccolta la sua storia insieme ad altri insegnanti, avrebbe dato impulso al suo trasferimento in una struttura protetta.
La presunta vittima avrebbe trovato il coraggio, riporta Il Corriere della Sera, di rivelare a scuola ciò che avrebbe vissuto in casa. Sul corpo i segni delle percosse, lividi e graffi sul collo che avrebbero restituito l’istantanea di una situazione terribile. La giovane avrebbe raccontato di essere stata picchiata da alcuni familiari, il padre, lo zio e la madre che, a suo dire, le avrebbe sferrato persino “un calcio in pancia“. Un dramma domestico che sarebbe andato avanti per mesi, da quando i parenti le avrebbero imposto di sposare un uomo scontrandosi con il suo no. Il caso della studentessa indiana richiama immediatamente quello di Saman Abbas, secondo gli inquirenti assassinata nel contesto familiare (imputati genitori, zio e due cugini) la notte tra il 30 aprile e il 1 maggio 2021 proprio per essersi opposta alle nozze forzate.
Il caso di una studentessa indiana salvata dalle nozze forzate come quella di Saman
La vicenda balzata in testa alle cronache pochi giorni fa riguarda una giovane indiana che attualmente si troverebbe in un centro protetto dopo la denuncia di un matrimonio combinato al quale i parenti avrebbero voluto costringerla, anche con le percosse. È un caso che, scrive Il Corriere della Sera, arriva dall’Emilia-Romagna esattamente come quello, con epilogo purtroppo atroce, della 18enne pakistana Saman. Secondo quanto riportato dal quotidiano, il 25 aprile scorso la ragazza avrebbe trovato ospitalità a casa della dirigente dell’istituto scolastico che frequenta. È lì che avrebbe dormito perché, dopo il coraggioso racconto contro la famiglia che l’avrebbe costretta alle nozze forzate, non sarebbe stato trovato un luogo sicuro in cui garantirle protezione. La preside le avrebbe offerto un posto nella sua abitazione in attesa che si individuasse una struttura idonea, di fatto salvandola dal rischio di dover tornare tra le mura in cui per mesi avrebbe subito violenze da parte dei familiari.
Secondo quanto la ragazza avrebbe confidato a scuola, i genitori le avrebbero impedito di usare il telefonino dopo aver scoperto il suo amore per una persona che non è quella “scelta” dalla famiglia per lei. Ad assistere la giovane è l’avvocato Barbara Iannuccelli, che poche ore fa, riporta Ansa, avrebbe sottolineato l’assenza di risposte concrete da parte dello. Stato per sostenere le vittime dei matrimoni forzati: “Un’altra Saman che si cerca di salvare – ha dichiarato il legale –, ma la burocrazia non riesce a farsene carico (…). Padre, madre, zio e nonna la picchiano, la tengono segregata e le hanno preso i documenti perché rifiuta un matrimonio forzato, si è innamorata di un altro ragazzo“. L’avvocato ha spiegato che la ragazza è stata affidata alla preside, che si è offerta di dare un aiuto prezioso “mettendo a repentaglio la sua incolumità perché la famiglia la sta cercando“, poiché assenti misure di protezione immediate per cui il codice rosso, invece, imporrebbe l’attivazione entro poche ore dalla denuncia: “Mi sarei aspettata che lo Stato rispondesse – ha concluso amaramente Iannuccelli –, invece dopo cinque ore di pianti ci si schianta contro la realtà: gli strumenti ci sono, ma non vengono applicati”.