La trasmissione ‘Linea di confine‘ questa sera porterà nuovamente agli albori della cronaca il caso di Marta Russo che ancora oggi molti definiscono un cold case nonostante dopo lunghi – e certamente complessi – anni di indagini si arrivò alla piena condanna per Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro: due soggetti dipinti come dei veri e propri mostri all’epoca, anche se dal conto loro ci hanno sempre tenuto a professarsi totalmente innocenti, accettando di scontare la pena senza mai fare un passo indietro nel sottolineare di essere stati vittime di un’ingiustizia.
Tra queste righe ci soffermeremo proprio sulle figure di Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, ma per farlo occorre fare un passo indietro per ricordare che Marta Russo morì misteriosamente nel 1997 dopo essere stata raggiunta da un proiettile calibro .22: secondo il racconto di una testimone (che molti ritengono inattendibile in quanto estorto dagli inquirenti) i due erano nell’aula 6 dell’edificio di Giurisprudenza e stavano maneggiando un’arma dalla quale partì il colpo che raggiunse la 22enne Marta Russo; mentre di fatto l’arma e il movente dell’omicidio non furono mai individuati.
Chi sono Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro: cosa fanno oggi i condannati per l’omicidio di Marta Russo
Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro finirono in un lunghissimo processo passato per ben due volte per le mani della Cassazione e alla fine – nel 2003 – furono condannati per il delictto di Marta Russo: il primo per omicidio colposo (dato che lo sparo fu ritenuto accidentale, soprattutto per la posizione della stanza dalla quale avrebbero sparato), il secondo per favoreggiamento dato che coprì l’amico e nascose la pistola; ma al contempo contro di loro non furono mai trovate delle reali prove se non l’unica testimonianza che li collocò quella mattina in quella stanza.
All’epoca dei fatti Giovanni Scattone era assistente del docente di Filosofia dopo una laurea a pieni voti e dopo aver scontato la sua pena provò a tornare sulle cattedre, ma a causa dell’enorme odio mediatico che si era generato attorno alla sua figura preferì lasciare il ruolo di docente per concentrarsi – oggi – su di una vita più riservata e lontana dai riflettori; mentre Salvatore Ferraro fu arrestato il giorno prima di sostenere l’ultimo esame del dottorato e dal 2005 (dopo la scarcerazione) percorse la via politica all’interno del partito Radicale, prima di dedicarsi – come pare faccia ancora oggi – alla carriera di avvocato penalista.