“Il Giubileo è un evento che può letteralmente cambiarci la vita”. Con queste parole Giovani Paolo II apriva la veglia della preghiera con i giovani a Tor Vergata durante il Giubileo del 2000, ricordando come il tempo giubilare non si compone di mere ritualità replicabili, bensì è tempo di Grazia, occasione di perdono individuale e di rinnovamento della comunità ecclesiale e della fede condivisa (cfr. R. Regondi, I Papi e la Roma dei Giubilei, Marna, 2000).
Poiché tutti i grandi eventi venivano annunciati con squilli di corno, la Bibbia denomina yôbél – la cui evoluzione semantica indica da ultimo la tromba fatta con il corno del caprone – l’anno sacro che ricorreva per gli Ebrei ogni cinquant’anni, cioè alla fine di ogni settimo anno sabbatico (cfr. Lev 25,8-17), assumendo un significato schiettamente religioso (cfr. Lev 25, 9) e collegandosi ad importanti privilegi sociali ed economici (cfr. Lev 15, 8-55 e 27, 16-25).
Il cristianesimo comunica al Giubileo ebraico una nuova sfumatura, quella del perdono generale, ossia un’indulgenza plenaria che il Papa concede ai fedeli sotto determinate condizioni, ordinariamente la visita delle quattro Basiliche Maggiori di Roma, la ricezione dei Sacramenti della Confessione e della Comunione, la preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice.
Il Giubileo comporta una remissione totale della pena temporale dovuta per i peccati già rimessi nel Sacramento della Confessione, concessa ai vivi come assoluzione e ai defunti come suffragio.
Storicamente questa forma di indulgenza, detta anche Anno Santo in quanto destinata a promuovere la santità di vita, derivava dalla sempre più profonda esigenza di libertà e di riconciliazione che caratterizzava
il Giubileo ebraico, al quale si aggiunse, fin dai primi secoli cristiani, la prestazione di opere buone e di elemosine, introducendo in seguito la “commutazione” della penitenza dovuta, sostituita da oblazioni e pellegrinaggi.
Col passare dei secoli e l’aumentare delle necessità del popolo cristiano, accanto alla concessione da parte dei Pontefici di speciali indulgenze per particolari opere di bene, si aggiunge il desiderio dei fedeli di una totale remissione della pena dovuta ai peccati, tanto che, sul finire del sec. XIII, diventa opinione comune tra i cristiani l’ottenimento di grandi indulgenze ogni anno centenario dalla nascita di Cristo recandosi a Roma.
Fu così che nel 1300 l’Urbe venne invasa da decine di migliaia di pellegrini di fronte ai quali l’allora Pontefice, Bonifacio VIII, indiceva il 22 febbraio con la Bolla Antiquorum fida relatio il primo Giubileo, cioè l’indulgenza plenaria a chi, confessato e comunicato, avesse visitato (15 volte se straniero, 30 se romano) le due basiliche di San Pietro e di San Paolo (cfr. Associazione Europea Arte e Cultura, Il Giubileo: dalle origini al significato cristiano).
Nel 1343 Clemente VI, con la Bolla Unigenitus Dei Filius, ne concedeva la celebrazione ogni cinquant’anni, dalla Vigilia di Natale dell’anno precedente alla fine dell’anno giubilare, a cominciare dal 1350.
Urbano VI, in omaggio all’età del Redentore, stabilì che fosse celebrato ogni trentatré anni a partire dal 1378; Nicolò V lo riportò al termine di cinquant’anni con la Bolla Nonnulli praedecessores, ed infine Paolo II con la Bolla Infeffabilis Providentia del 1470, ridusse il termine a venticinque anni, norma osservata regolarmente dal 1475.
La cronologia dei Giubilei appare segnata da due mancate celebrazioni: quella del 1850 per l’arresto e la deportazione in Francia di papa Pio VI (20 febbraio 1797), e quella del 1850 a causa dei moti rivoluzionari che condussero alla cosiddetta Repubblica Romana (cfr. F. Cardini, I Giubilei nella storia)
Il progresso storico delle indulgenze concesse con il Giubileo è connesso all’evolversi della disciplina penitenziale.
Tra l’età apostolica e l’VIII secolo, le indulgenze appaiono come una mitigazione della pena canonica e sono concesse ordinariamente per supplices libelli Martyrum. Tra l’VIII ed il XIV secolo, si introduce il costume di concederle commutando la penitenza canonica in altra opera meno gravosa delle pratiche penitenziali assegnate dai canoni antichi ai diversi peccati.
Dal XIV secolo ad oggi, il loro uso diventa sempre più nutrito ed anche di più semplice acquisizione tanto da introdurre, tra le pratiche per lucrarle, quella delle oblationes (cfr. H. Pietras, La genesi delle indulgenze, in Gregorianum 99, 2/2018, pp. 315-335).
Il falso concetto, non sufficientemente contrastato dall’autorità ecclesiastica, che l’indulgenza liberasse non solo dalla pena, ma anche dalla colpa, contribuì a moltiplicare gli abusi, fino a ridurre l’elargizione delle stesse ad un’operazione finanziaria, che rappresentò il pretesto per la riforma protestante.
Nel Concilio di Trento (1545-1563) gli abusi vennero condannati e si provvide affinché il tesoro delle indulgenze venisse dispensato ai fedeli “pienamente, santamente, integralmente”, ut tandem caelestes hos Ecclesiæ thesauros non ad quæstum, sed ad pietatem exerceri omnes vere intelligant (Sess. XXI, De reform., 9).
Nei tempi posteriori i Pontefici regolarono la materia delle indulgenze mediante commissioni di cardinali ed un’apposita congregazione (Clemente IX, Motu proprio In ipsis, 6 luglio 1669), i cui diritti da Pio X (1908) furono devoluti al Sant’Uffizio e dal Codice Pio-Benedettino (Benedetto XV, Motu proprio Alloquentes, 25 marzo 1917) al tribunale della Sacra Penitenzieria (cfr. B. Gherardini, Indulgenza: teologia e storia, in I Giubilei nella storia della Chiesa, LEV, Città del Vaticano, 2000, pp. 81-89).
Le finalità peculiari di ogni Giubileo vengono ordinariamente fissate dal Sommo Pontefice nel momento della promulgazione, che rappresenta la determinazione dei fini generali cui per sua natura il Giubileo è ordinato, perciò, se uno di questi si avverte come più urgente, i Papi non esitano a concederlo, senza che questa promulgazione sostituisca il Giubileo ordinario.
Pertanto, alla prima e classica forma di Giubileo universale – detto ordinario o maggiore – si aggiunge il Giubileo straordinario o minore. Il primo fu concesso da Sisto V il 25 maggio 1585. Il Giubileo della Misericordia, proclamato da papa Francesco nel 2015 con l’obiettivo di mettere al centro l’aspetto della misericordia divina, si è caratterizzato per l’apertura delle Porte Sante in tutte le diocesi del mondo, come invito rivolto a ogni cristiano di partecipare al rinnovamento della Chiesa attraverso la pratica della misericordia.
Accanto ai Giubilei ordinari e straordinari universali, si contano 21 Giubilei particolari, limitati cioè agli abitanti di una determinata località, come quello di Compostella, quando la Festa di San Giacomo cade di domenica (cfr. F.S. Toniato, Giubilei: storia di tempi, spazi e poteri).
Il cerimoniale del Giubileo e i riti religiosi che lo caratterizzano risalgono, salvo poche variazioni, ad Alessandro VI. L’apertura della Porta Santa – quella di San Giovanni in Laterano già nominata da un cronista di Martino V, mentre l’istituzione delle porte di San Paolo, Santa Maria Maggiore e San Pietro (aperta direttamente dal Pontefice differentemente dalle altre tre aperte dai cardinali a latere) non sembra risalire oltre il Giubileo del 1500 – permette simbolicamente ai pellegrini di attraversarle come segno di ingresso in un tempo di grazia e perdono.
Questo rito improntato alla gioia nasce, non a caso, dallo spirito pragmatico del Rinascimento, sotto il pontificato di Nicolò V nel 1449, esprimendo l’invito a intraprendere un cammino di conversione spirituale in un’atmosfera di universalità e di unione tra i cristiani in comunione con il Papa che guida la comunità (cfr. A. Turchini, I Giubilei come segno della Chiesa nel tempo: l’età confessionale, in I Giubilei nella storia della Chiesa, LEV, Città del Vaticano, 2000, pp. 71-80).
Il martello che il Pontefice, nell’aprire la Porta Santa, sino al Giubileo del 1975 teneva in mano, voleva indicare come la Porta ceda con una certa resistenza, come se avesse bisogno del colpo metallico ripetuto, cioè della preghiera assidua capace di spalancare le porte della giustizia, della misericordia e della speranza.
A quest’ultima è dedicato il Giubileo ordinario del 2025 indetto da papa Francesco con la Bolla Spes non confudit, in cui si sottolinea come “Nell’Anno giubilare saremo chiamati ad essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio e ai detenuti in particolare”, ai quali il Pontefice ha manifestato un segno concreto di vicinanza per “guardare all’avvenire con speranza e con rinnovato impegno di vita”, aprendo il 26 dicembre 2024 la Porta Santa nel carcere romano di Rebibbia.
La tradizione del Giubileo continua a essere uno degli appuntamenti religiosi più significativi della Chiesa cattolica, con un forte impatto non solo sulla vita dei singoli cristiani, ma anche sulla comunità globale di fedeli, divenendo occasione per rafforzare i legami tra i membri della comunità, per lanciare messaggi di solidarietà, pace e giustizia sociale, per indicare il “comune cammino che la Chiesa è chiamata a compiere per essere sempre più e sempre meglio segno e strumento di unità nell’armonia delle diversità” (Francesco, Lettera del Santo Padre a S. E. Mons. Rino Fisichella per il Giubileo 2025).
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