La Cassazione ha confermato la condanna a 27 anni di carcere a carico di Giulia Stanganini, la donna finita a processo per gli omicidi del figlio piccolo, di soli 3 anni, e della propria madre, Loredana Stuppazzoni. Il cadavere di quest’ultima fu fatto a pezzi per essere nascosto e la sentenza, che ha ricalcato quella d’appello, è definitiva. I delitti si consumarono a Genova, il primo, quello del bimbo, nel novembre 2019. La nonna sarebbe stata uccisa qualche mese dopo perché, secondo la ricostruzione processuale, aveva capito che la figlia aveva ucciso il nipote e l’avrebbe accusata di essere un’assassina. I giudici avevano dichiarato la seminfermità mentale.
In primo grado, l’imputata era stata giudicata capace di intendere e volere ed era stata condannata all’ergastolo per duplice omicidio, distruzione e occultamento di cadavere. A suo carico anche le contestazioni di maltrattamenti e uso fraudolento del bancomat della madre. Giulia Stanganini, riporta Ansa, sarebbe stata sottoposta a due perizie duranre la fase preliminare delle indagini e l’ultima avrebbe concluso che fosse capace al momento dei delitti, parzialmente inferma quando smembrò il corpo della donna.
Il bambino ucciso perché la mamma “non sopportava il suo pianto”
La ricostruzione del duplice omicidio contestato a Giulia Stanganini parte dal movente per il quale, secondo l’accusa, avrebbe assassinato il suo bambino di soli 3 anni. La mamma, stando agli elementi raccolti dalla Squadra mobile di Genova che si occupò dell’indagine, lo avrebbe soffocato perché “non sopportava il suo pianto”. La nonna del piccolo sarebbe stata uccisa poco tempo dopo perché avrebbe “smascherato” la figlia.
Il gip Riccardo Ghio, nell’ordinanza di custodia cautelare, avrebbe descritto l’allora indagata come un soggetto “inadeguato” rispetto ai doveri della maternità. Dall’inchiesta sarebbe emerso che al minore venivano dati prevalentemente omogeneizzati e, in alcune occasioni, sarebbe stato legato al passeggino per dormire. Quando è iniziato il secondo grado di giudizio, ricostruisce l’agenzia di stampa, una nuova consulenza sullo stato psichico dell’imputata avrebbe stabilito la sussistenza di un disturbo schizotipico di personalità, oltre ad un lieve deficit mentale. La difesa, rappresentata dall’avvocato Chiara Mariani, aveva chiesto l’assoluzione nel merito proprio per infermità mentale.