Giulio Cavalli ha riproposto a “ItaliaSì” l’articolo di Tpi sottoforma di monologo. L’attore ha commentato il caso di Giovannino, spiegando che lui – a fronte della sua esperienza – preferisce non giudicare. «Ognuno di noi ha le proprie sofferenze, ma non ci sono sofferenze più dolorose di altre. Quindi sono convinto che dovremmo pensare che ogni persona che incontriamo sta combattendo la sua battaglia». Così in merito alla scelta dei genitori di abbandonarlo. «Bisogna decidere se si può avere il diritto di avere paura e sentirsi inadeguati, e io credo che sia così», ha spiegato Giulio Cavalli. Le sue riflessioni hanno spinto Elena Santarelli ad attaccare quanti criticano quella coppia che ha abbandonato Giovannino. Se esprimere un giudizio può essere facile, prendere una decisione così dolorosa invece non lo è affatto. Ed è in un certo senso anche quello che ha detto Giulio Cavalli nel suo monologo. (agg. di Silvana Palazzo)
Giulio Cavalli oggi a ItaliaSì
L’articolo di Giulio Cavalli sulle pagine (web) di Tpi è un articolo da leggere. Un punto di vista diverso sulla vicenda di Giovannino, il neonato abbandonato nell’Ospedale Sant’Anna di Torino perché mamma e papà non se la sono sentita di prendersene cura. Il piccolo, infatti, è affetto da una malattia rara, l’Ittiosi Arlecchino, che ha fatto paura ai suoi genitori. La paura, se non altro, è una delle ipotesi; l’altra ipotesi è che i due abbiano deciso di lasciarlo lì per questioni economiche. Ma non è il caso di stare a sindacare su una pur legittima scelta, come qualcuno invece si è permesso di fare nei giorni scorsi. Cavalli rappresenta l’eccezione. Lui è uno dei pochi a poterne parlare con cognizione di causa, essendo lui stesso cresciuto da orfano. Per questo, oggi pomeriggio, è invitato a Italiasì!.
Parla l'”orfano” Giulio Cavalli
“E pensare che io invece sono stato abbandonato per davvero, da bambino, orfano e poi adottato, e ci ho messo tutta una vita a non riuscire né a condannare né a perdonare quelli che mi hanno lasciato…”, ha scritto Giulio Cavalli commentando la vicenda. La sua è una sorta di provocazione rivolta ai genitori “perfetti” o che si professano tali. Nessuno lo è, meno che mai quelli che giudicano gli altri. Cavalli è l’unico che ci va piano, l’unico che valuta ogni elemento dandogli il giusto peso: “C’è Giovannino, un bimbo abbandonato in ospedale, e avete già deciso tutto: avete trovato un forma al peccato e avete additato i peccatori, senza nemmeno bisogno della mela e del serpente”. Da solo, lui, non è mai riuscito a vedere tutto bianco o tutto nero. Da orfano. “E invece mi sarebbe bastato citofonare ai giudicatori seriali per farmi leggere l’infanzia come si leggono i fondi del caffè o le righe della mano”, continua. “Eppure non riesco a non dirvi quanto fa schifo questo vostro addentrarvi nelle cose umane calpestandole come stracci. Beati voi che sapete tutto”.
Giulio Cavalli: “Beati voi…”
Le “beatitudini” di Giulio Cavalli sono una trafila di paradossi: “Beati voi che sapete tutto. Davvero. Di cuore. Beato quel lucido giornalista che ha deciso che i genitori di Giovannino siano ‘degli infami’ che ‘l’hanno abbandonato alla sua malattia’. (…) Beati voi che sapete fare i genitori, solo voi, e che quando vi chiedono come farlo rispondete che ‘eh, una volta’ o che ‘due schiaffoni non hanno mai fatto male a nessuno’ e qui finisce tutta la vostra filosofia dei valori e dell’educazioni. Beati voi, nuova borghesia di giudicatori seriali che tutto il giorno dividete il ‘buono’ dal ‘cattivo’ senza nemmeno il bisogno di sporcarsi un po’ con un po’ di complessità. Vi è tutto chiaro, tutto netto: quando un figlio di qualcun altro compie una caz*ata è colpa dei genitori e quando qualche vostro figlio fa cose da non fare invece è colpa della società, di questo tempo, dei videogiochi o dei genitori degli amici di vostro figlio che non hanno educato i loro”. In definitiva: “Beati voi che sapete cosa è giusto e sbagliato, che misurate a spanne il coraggio (sempre quello degli altri) seduti su troni a forma di Facebook, di Twitter o di qualsiasi megafono avete appena imparato a usare”.