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Home » Politica » GOVERNO E FAMIGLIA/ Binetti: errori e fake news del Piano Roccella, troppe parole e zero concretezza

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  • Giovani, Famiglia e Lavoro

GOVERNO E FAMIGLIA/ Binetti: errori e fake news del Piano Roccella, troppe parole e zero concretezza

Il Piano del governo per la famiglia, voluto dalla ministra Roccella, è anemico e anonimo. Sarà un flop. Non a caso è sparito dai radar

Paola Binetti
Pubblicato 8 Giugno 2025
Eugenia Roccella su qualità vita donne

Eugenia Roccella su qualità vita donne

Il governo Meloni, sin dal suo inizio nell’ottobre 2022, si è dichiarato “amico della famiglia”, e ha adottato una serie di misure a suo favore, scegliendo due linee principali: il sostegno economico ai nuclei familiari meno abbienti e con figli minori, e il rafforzamento della genitorialità attraverso una rete di servizi, come gli asili nido, e l’incremento di alcune agevolazioni per le famiglie.


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In questa prospettiva il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio ha pubblicato nel primo trimestre 2025 il Piano nazionale per la famiglia 2025-2027, un piano triennale che definisce priorità, obiettivi e azioni necessarie per potenziare e migliorare le politiche per la famiglia in Italia.


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L’obiettivo principale era quello di superare la classica logica assistenziale e potenziare il principio di sussidiarietà, valorizzando le best practices già attive sul territorio. Su queste due direttive si collocano quattro passaggi fondamentali: sostegno alla natalità, promozione di figure che affianchino i genitori nei primi mille giorni, conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro e potenziamento dei servizi di cura.

La cosa davvero sorprendente è stata però che questo Piano nazionale per la famiglia, che tocca alcune criticità riconosciute da tutti come una vera e propria emergenza, il famoso inverno demografico, è stato ignorato da tutti.


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Da alcuni è stato accantonato come se si trattasse di un libro dei sogni, perché mancano le risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi previsti e sembra privo di una vera e propria riforma normativa che smonti l’attuale approccio anti-denatalità. In altri termini non sembra adeguato per invertire il calo demografico che ormai preoccupa tutti i decisori più significativi del Paese. A cominciare dalle donne e dai nuclei familiari più giovani.

Il Piano è stato ignorato anche perché frettolosamente identificato con gli altri Familiy acts dei precedenti governi, i cui risultati non si sono mai visti. Qualcuno ha obiettato che si tratta di un Piano che manca di audacia e di coraggio, quella mancanza di audacia che era possibile intuire fin dell’esordio della ministra Roccella, vincolata da due norme capestro: la realizzabilità a normativa vigente e a risorse correnti.

Come si può innovare realmente un processo caratterizzato da una patologia incancrenita come il calo demografico, che si protrae da oltre un ventennio, senza modificare l’attuale normativa e senza moltiplicare le risorse correnti, in una società in cui le giovani famiglie stentano a formarsi e mostrano un’oggettiva paura nei confronti del futuro?

La normativa vigente non offre garanzie adeguate ai giovani né sul piano professionale né tantomeno sul piano della stabilità affettiva. Ci sono stati decenni di governi che si sono alternati rendendo sempre meno stabili i vincoli familiari, facilitando in tutti i modi soluzioni alternative alla famiglia e legittimandole sul piano dei diritti, ma ignorandone il naturale impegno di cura e di responsabilità.

Negli anni la normativa vigente è diventata sempre più ostile alla famiglia, diluendone il valore e il significato, fino a confermare la profezia di Zygmunt Bauman, che la immagina sospesa in una rete di legami liquidi. La vera sfida oggi è cambiare la normativa vigente, capovolgerla e tornare a sostenere quei nuclei familiari che si impegnano ad affrontare insieme la buona e la cattiva sorte, in salute e malattia, sostenendosi nel panorama della grande utopia: per tutta la vita!

Fintantoché i legami saranno resi sempre più fluidi da un insieme di cause, è ben difficile immaginare di mettere al mondo dei figli, che richiedono necessariamente una struttura socio-affettiva ben più solida. Si è figli per tutta la vita, come si è genitori per tutta la vita, e nell’attuale contesto di emergenza educativa è sempre più difficile immaginare di poter educare un figlio da soli o a giorni alterni, come avviene nell’affido condiviso.

È la normativa attuale che deve cambiare perché il Piano famiglia si possa realizzare! In occasione di un recente convegno alla Lumsa dedicato proprio alla famiglia, Rizzoli, un ricercatore che da anni si occupa di famiglia, ha detto: “Ci vorrebbe il coraggio di sperimentare soluzioni audaci, ma non sembra giunto ancora il momento storico per farlo”. Eppure questo sembrava il governo giusto per ristabilire una serie di equilibri e fissare una serie di differenze, sostenendo quelle scelte che erano in grado di garantire più e meglio l’identità di una famiglia generativa.

L’attuale Piano 2025-2027 non sembra soddisfare più di tanto, nonostante sia “prudente e realista”: troppo poco, dopo anni di assalto alla famiglia in una società in cui tutto può essere chiamato famiglia, perché si è perso il senso di ciò che è la famiglia. Per alcuni basta volersi bene e acquisire il fatto che la famiglia sussiste finché ci si vuol bene, a prescindere da molte altre responsabilità che invece definiscono ciò che è davvero famiglia. Si ignora il paradigma della cura reciproca che vale nel patto intergenerazionale, nella presenza in famiglia di malati cronici e di persone con disabilità, di figli problematici e di genitori che hanno perso la loro lucidità. Per recuperare questa immagine della famiglia e renderla concretamente operativa, molte norme vanno cambiate e il ruolo sociale della famiglia che si prende cura va sostenuto seriamente anche sul piano economico.

I dati ISTAT 2024 ci dicono che l’Italia ha toccato un altro minimo storico con 1,18 figli per donna, mostrando fino a che punto una coppia ha smesso di essere generativa. Difficile in questo contesto capire a chi toccherà svolgere il ruolo di Family Welfare Manager, che sembra la novità principale del nuovo Piano famiglia: un manager che coordini il lavoro di assessorati ed enti comunali o regionali e che “sia in grado di coordinare le realtà territoriali nella gestione integrata e di governance multi-attore delle politiche e dei servizi di welfare familiare”.

Una definizione complessa e articolata che oggi però appare sovraccarica di parole e povera di una fattualità concreta. Incapace di motivare le nuove generazioni a mettersi in gioco affettivamente e professionalmente per dare vita a nuovi nuclei familiari di cui avere cura per sognare una società migliore dell’attuale: individualista, consumista, indifferente oppure in molti casi troppo spesso violenta.

I due criteri fondamentali posti dalla Roccella, come introduzione dello stesso Piano, vanno smantellati in radice: la realizzabilità a normativa vigente e a risorse correnti. Sono due fake news da denunciare rapidamente: il fatto che non ci siano soldi, e il fatto che la normativa vigente non possa essere modificata.

In realtà il governo ha già superato la metà del suo mandato e gli resta ben poco tempo per cambiare quello che deve essere cambiato e restituire alla famiglia il suo intrinseco valore, rifiutando tutti gli annacquamenti di questi ultimi decenni. La pseudocultura della famiglia è come un albero che va potato, se si vuole che dia frutti in termini di generatività e di solidarietà, perché una famiglia che rifiuta di aprirsi alla natalità, con tutta probabilità non si aprirà neppure alla solidarietà.

Tra la normativa da rivedere c’è anche quella legata all’Isee, il principale indicatore di valutazione della ricchezza famigliare, che non è mai stata messa al centro del dibattito politico. Eppure, l’Isee è profondamente ingiusta per le famiglie, soprattutto quelle numerose.

Analogamente si è fatto un gran parlare del Quoziente famigliare o del Fattore famiglia, ma non sono mai stati seriamente affrontati. La famiglia numerosa, ormai diventata quasi invisibile, non è mai stata tutelata con politiche fiscali adeguate. A livello normativo, la famiglia, con tutti i suoi figli, non è mai stata considerata come un unico soggetto fiscale.

Eppure questa potrebbe essere una leva potentissima per attivare politiche demografiche dignitose e tutt’altro che assistenziali. Un nuovo modello di welfare ricco di opportunità concrete da offrire ad ogni figlio, perché sia un moltiplicatore di bene e di benessere per tutta la società.

Paradossalmente, in una società in cui la famiglia recupera il suo ruolo e il suo valore, e le famiglie numerose tornano ad essere la norma e non l’eccezione, non ci sarebbe neppure bisogno di  Centri per la famiglia, perché il vero centro tornerebbe ad essere la famiglia con la sua infinita creatività capace di individuare soluzioni, dove oggi tutti vedono solo problemi.

Grande merito di questo Piano resta comunque quello di aver fortemente intrecciato il Piano Famiglia con il Piano minori, evidenziando, almeno sul piano generale, come la famiglia è tale proprio nella sua dimensione generativa, che crea una profonda corrispondenza e complementarità tra genitori e figli in un intreccio di affetti e di responsabilità reciproche, destinate a durare per tutta la vita. Peccato manchino le indispensabili norme correttive e le corrispondenti risorse economiche.

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Tags: Giorgia MeloniGoverno Meloni

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