IL 20 AGOSTO TERMINA LA SORVEGLIANZA UE SULLA GRECIA
Il prossimo 20 agosto si chiuderà una delle “crisi” europee più difficili e drammatiche che l’Unione abbia dovuto affrontare dall’inizio della sua storia: per la Grecia infatti finirà infatti la “sorveglianza rafforzata” delle autorità europee dopo la crisi economica che ha portato l’Euro ad un passo dal baratro nell’ormai lontano 2010. La crisi scattò in realtà qualche mese prima, quando nell’autunno 2009 l’appena nominata Premier George Papandreou rivela pubblicamente come i bilanci economici trasmessi dai precedenti governi greci all’Unione europea erano in realtà stati falsificati con l’obiettivo di garantire l’ingresso della Grecia proprio nella Zona Euro. La “crisi del debito sovrano”, o almeno il rischio di essa, agitò i mercati azionari e i Governi di tutta l’Europa tanto da ponderare per diversi mesi la possibilità dell’effettivo default di Atene: alla fine l’Ue sotto la forte egida della Germania di Angela Merkel, intervenì. Il 2 maggio 2010 i paesi dell’Eurozona e il Fondo Monetario Internazionale approvarono un prestito di salvataggio per la Grecia da 110 miliardi di euro: il problema è che subordinato alla realizzazione di severe misure di austerità che hanno portato dati economici molto pesanti per la Grecia, come l’inflazione che ha raggiunto il 28%. Dopo i vari rovesciamenti negli anni della crisi, la politica greca pare ora stabilizzata e così il Premier attuale Kyriàkos Mitsotakis è arrivato ad annunciare la fine della “stretta sorveglianza” della Troika (Commissione Ue, Banca Centrale Ue, Fondo Monetario Internazionale) nell’anno 2022.
«Grazie ai sacrifici e alla capacità di recupero del suo popolo, il futuro della Grecia nel cuore della nostra Unione è assicurato», ha twittato in questi giorni il Commissario agli Affari Economici Ue Paolo Gentiloni, chiudendo di fatto il “cerchio” di una crisi iniziata 12 anni fa. Da quella crisi di acqua sotto i ponti ne è passata in Ue, non da ultimo il triennio terribile di pandemia Covid e guerra in Ucraina: la solidarietà europea è certamente aumentata rispetto a quella “stringente” e “condizionata” di quei salvataggi per Atene, ma il vero nodo riguarda ora il futuro. Come ben spiega Stefano Lepri oggi su “LaStampa”, «la Grecia ancora non ha recuperato tutto quello che ha perso nella crisi, ma è comunque circa al livello di 20 anni fa, non peggio dell’Italia insomma».
LO STUDIO DELLA FED CHE AGITA L’ITALIA: “OK SALVATAGGI IN STILE GRECIA PER PRESERVARE L’EURO”
Fa molto discutere e rappresenta un monito tutt’altro che benaugurante lo studio lanciato nelle scorse settimane dalla Federal Reserve – la Banca Centrale Usa – in merito proprio alle crisi del debito sovrano, in particolare il caso greco. Lo studio, frutto dell’economista francese Pierre-Olivier Gourinchas (oggi capo economista del Fmi), conclude che la modalità migliore per salvare la moneta Euro è proprio quella adottata nel 2010 e negli anni a seguire con il caso Grecia. Tradotto, l’iter più corretto rimane quello di «decidere il salvataggio dei Paesi indebitati caso per caso, e in cambio di condizioni», riassume ancora “La Stampa”.
Un normalissimo corso di storia delle istituzioni europee può ricordarci come ai tempi della nascita dell’Euro vene deciso che i Paesi troppo indebitati non sarebbero stati aiutati, né tantomeno soccorsi, e dunque sarebbero stati lasciati in default. Ma se questo fosse stato “mantenuto” a quell’epoca avremmo avuto una Grecia in fallimento e con ogni probabilità anche conseguenze devastanti sull’intera Eurozona: diversamente però, se si garantissero salvataggi a prescindere “in anticipo”, allora i Governi non avrebbero problemi a “forzare” con eventuali politiche economiche dispendiose. La conclusione dello studio FED è dunque semplice: occorre valutare caso per caso. Il problema semmai è come aver gestito l’intera vicenda dopo il salvataggio economico: le richieste nette, i sacrifici enormi chiesti ai cittadini greci (che ben poco c’entravano con la crisi economica globale del loro Paese) e soprattutto quella pesantissima recessione giunta fino al 28%. 12 anni dopo, Atene è certamente più “europeista” anche se dei rancori nelle fasce di popolazione più colpite dalla crisi non possono nascondersi. E l’allarme per l’Italia? Semplice, se si guarda lo spread oggi della Grecia, è tutt’altro che dissimile da quello italiano. I prossimi mesi, e come verranno affrontati da Italia ed Europa (qualora vi siano, e speriamo di no, eventuali crisi economiche gravose, ndr), diranno molto se non tutto di come eventualmente le istituzioni siano maturate dal “caso greco”.