GREEN PASS E BCE/ Il rischio incertezza per l’Italia senza più salvagente

- int. Domenico Lombardi

L'Italia rischia di crearsi una situazione negativa per l'economia in un momento in cui la rete di sicurezza della Bce viene messa in discussione

Ristoranti a 'cronometro' in Germania (LaPresse)

Mentre dalla Confcommercio arrivano messaggi preoccupati per gli effetti dell’introduzione del green pass dal 6 agosto in settori già duramente provati dalla pandemia, anche per l’onere dei controlli che cadrebbe in capo ai gestori, ci si interroga sulle azioni che la Bce potrà intraprendere per sostenere l’economia in caso di una nuova ondata di contagi, stante anche la posizione assunta dalla Bundesbank, insieme alla Banca centrale belga, con il voto contrario alla nuova forward guidance sui tassi nel corso dell’ultima riunione del board di settimana scorsa. Due temi apparentemente lontani, ma in realtà legati tra loro, come ci aiuta a capire Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fmi.

Partiamo dal voto contrario della Bundesbank. Possiamo dire che era scontato?

A mio avviso sì. Quella della scorsa settimana era la prima riunione del Consiglio direttivo successiva di pochi giorni alla sua approvazione della strategy review con cui la Bce, come noto, si è data un nuovo obiettivo inflazionistico. Una riunione in cui si è cercato di dare una valenza operativa al nuovo quadro strategico. Ed è qui che si sono manifestate le prime tensioni, che a mio modo di vedere rischiano di acuirsi nella prossima riunione in programma a settembre.

Perché?

Perché la scorsa settimana si è parlato di tassi di interesse ed è emerso un disaccordo, certamente numericamente poco rilevante (anche se non sappiamo ancora con certezza se il voto contrario alla nuova forward guidance sui tassi sia stato espresso solo dai rappresentati delle Banche centrali di Germania e Belgio), ma qualitativamente pesante se consideriamo il dissenso espresso dalla Banca centrale della prima economia europea. A settembre, invece, si parlerà dei programmi di acquisto di titoli di stato non convenzionali, che sono oggi la principale arma di intervento della Bce, soprattutto per il nostro Paese. A marzo dovrebbe scadere il Pepp e sarà importante capire che tipo di orientamento assumerà l’Eurotower rispetto a questa scadenza.

Quali sono le possibilità?

Bisognerà capire se il Pepp verrà prorogato o, nel caso di scelta opposta, quale sarà il ritmo di diminuzione degli acquisti, perché in quest’ultimo caso è ipotizzabile una graduale diminuzione già dall’autunno in vista dell’eventuale abrogazione a marzo. Si tratta di decisioni importanti per un Paese come l’Italia, perché tramite il Pepp la Bce si è riservata un ampio margine di flessibilità negli acquisti titoli rispetto al principio della capital key da cui il nostro Paese ha tratto enorme beneficio.

Torno un attimo all’inizio. Ci spieghi bene perché il voto contrario della Bundesbank era scontato.

Perché la strategy review è stata accolta dai mercati come l’indicazione che la Bce sarà più flessibile nei confronti dell’inflazione rispetto al quadro strategico precedente. La Bundesbank ha, quindi, cercato di mettere subito dei paletti, di delimitare il perimetro di maggior flessibilità che la Presidente Lagarde ha cercato di ricavare per la stessa Banca centrale. Considerando che lo scenario delineato da molti analisti ed economisti, anche dalla Commissione europea, è abbastanza favorevole per l’economia dell’Eurozona, la Bundesbank sta cercando di creare le premesse per una ricalibrazione della stance di politica monetaria non solo per quanto riguarda i tassi, ma anche soprattutto rispetto a quello che sarà l’orientamento sui programmi non convenzionali di Qe.

Un tema decisamente cruciale in un momento in cui si teme una nuova ondata di contagi di Covid…

Sì, anche perché l’effetto delle varianti è duplice. Da un lato, c’è quello epidemiologico, con contagi che potrebbero subire accelerazioni qualora non fossero efficacemente contenuti; dall’altro, quello sull’attività economica. Abbiamo visto nei mesi scorsi che riflesso positivo può avere sull’attività economica una dinamica epidemiologica più rassicurante, tanto è vero che c’è stata una revisione al rialzo del Pil dell’Italia. Ora potremmo assistere all’esatto contrario: l’effetto delle varianti e l’introduzione di misure restrittive all’attività economica potrebbero creare un rimbalzo negativo e portare quindi a una correzione al ribasso delle previsioni economiche.

E questo potrebbe riguardare i Paesi dell’Eurozona in maniera asimmetrica. Potrebbero risentirne quelli dove sono importanti il turismo e i servizi dato che siamo in piena estate.

Esatto. I Paesi che dipendono maggiormente dal turismo, dalle attività di intrattenimento, ristorazione e ospitalità rischiano di essere maggiormente impattati. Senza dimenticare l’interazione tra le conseguenze epidemiologiche delle nuove varianti e la fragilità e vulnerabilità intrinseca di alcune economie rispetto ad altre. Sotto questo profilo l’Italia rischia di essere colpita maggiormente rispetto ad altri Paesi. Ripeto, l’effetto delle varianti è duplice: da un lato, ci sono le conseguenze epidemiologiche; dall’altro, l’incertezza rispetto al futuro delle attività economiche. In questo senso anche il solo paventare nuove eventuali restrizioni ha un impatto sulle decisioni dei soggetti economici riguardanti, per esempio, l’effettuare nuovi acquisti o l’andare in vacanza.

In quest’ottica l’introduzione del green pass come va interpretata?

Non entro nel merito del dibattito green pass sì/green pass no perché è una questione complessa e non essendo un medico mi fido delle indicazioni della scienza e della necessità di adottare precauzioni idonee. Vorrei, però, evidenziare che c’è un certo scollamento tra quello che si era detto all’inizio della campagna vaccinale, quando si sosteneva che si sarebbe tornati a una maggiore libertà, e l’introduzione ora di potenziali, nuove restrizioni. Per gli operatori economici è importante sapere che si va verso una graduale normalizzazione, pur con tutte le dovute cautele, e che non ci sono incertezze rispetto a questo obiettivo. Perché qualora vi fossero, i riflessi sui dati macroeconomici sarebbero immediati. Abbiamo visto nei mesi passati l’impatto delle riaperture, sia pure graduali e prendendo rischi calcolati, molto favorevole sulla ripresa delle attività economiche. Ora è importante non annullare il vantaggio e la distanza che abbiamo percorso in questi mesi.

Cosa accadrebbe in caso di un’eventuale estensione dell’utilizzo del green pass?

Tutto quello che viene percepito come una restrizione tende ad avere un impatto negativo sull’attività economica. Bisogna trovare un punto di equilibrio tra la limitazione dei contagi, perché anche quest’ultimi, se in aumento, hanno effetti negativi sull’economia, e l’esigenza di consentire agli operatori economici di svolgere in tutta tranquillità la loro attività. Mi sentirei di raccomandare al Governo un’ulteriore valutazione per cercare di conciliare nella misura più efficace possibile l’esigenza di sicurezza con quella di garantire un contesto in cui gli operatori possano svolgere la loro attività economica con una certa fluidità. Anche perché non possono essere considerati degli addetti ai controlli.

Servirebbero anche regole più chiare e che non generino discriminazioni. Per fare un esempio, per accedere ai parchi acquatici all’aperto servirà il green pass, ma per andare in una piscina all’aperto no…

Esattamente. Credo che il contributo che il Governo può dare, fermo restando l’obiettivo di garantire un contesto sicuro per le nostre interazioni sociali e professionali, è cercare di non creare ulteriore incertezza al nostro settore economico che è stato già oberato in misura eccessiva, introducendo principi semplici, comprensibili e uniformi. Mancano pochi giorni, ma ancora nessun cittadino ha le idee molto chiare su dove sarà necessario il green pass e quali saranno le modalità concrete del suo utilizzo. Questo semplice dato, purtroppo, ha l’effetto di creare un’ulteriore fonte di incertezza che non possiamo permetterci in questo momento. Ciò non vuol dire che non bisogna adottare delle cautele o delle precauzioni, ma occorre farlo nel modo più efficace possibile, senza generare ulteriori incertezze rispetto a quelle determinate dal virus. Altrimenti si rischia di ottenere paradossalmente l’effetto contrario: anziché dare garanzie sull’apertura delle attività economiche, si genera ulteriore dannosa incertezza che la nostra economia non sarebbe più in grado di sostenere.

Se le cose andranno male, se si renderanno necessarie nuove restrizioni, è difficile pensare l’Italia possa avere risorse per nuovi interventi di ristoro e sussidio.

Sì. Non dobbiamo dimenticare che molti dei settori legati al turismo, all’ospitalità, puntavano molto su questa stagione estiva. Presto misureremo anche l’impatto del Pnrr, il contributo effettivo che le risorse in arrivo da Bruxelles genereranno nel Paese. Soprattutto alla luce del fatto che l’Italia, con il suo enorme debito pubblico, ha una capacità fiscale minore rispetto a quella di altri Paesi.

Anche perché, come diceva all’inizio, stante lo scontro in vista nella Bce il rischio è di trovarsi senza il “salvagente” di Francoforte…

Sì. Finora per combattere gli effetti economico-finanziari della pandemia si è agito in una logica di emergenza. Dopo un anno e mezzo chiaramente sarà sempre più difficile giustificare interventi eccezionali all’interno di un contesto che non è più di emergenza, ma rischia di diventare la nuova normalità. L’Italia non ha le risorse fiscali per farlo: proprio per questo occorre ancora maggiore attenzione nel non penalizzare gli operatori economici più di quanto sia accaduto sino a oggi.

(Lorenzo Torrisi)

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