L’India ha attuato il proposito di fermare il flusso delle acque del fiume Chenab, verso il Pakistan, agendo sulla diga di Baglihar e rompendo il “Trattato delle acque dell’Indo”, un patto che ha resistito a quattro guerre.
Questo dimostra che India e Pakistan sono al limite del confronto definitivo. Dopo gli attentati nel Kashmir indiano, ci sono state scaramucce al confine, i diplomatici sono stati espulsi e i confini sono stati chiusi. Ci sono state esercitazioni militari al confine. Mercoledì scorso dal governo pakistano hanno affermato di aspettarsi un imminente attacco dall’India.
Una situazione simile si era creata nel 2019, e si era conclusa con un attacco aereo dimostrativo indiano. Oggi però le cose stanno diversamente. In primis Narendra Modi ha investito molto del suo credito politico nella pacificazione del Kashmir e la destabilizzazione dell’area potrebbe convincerlo ad agire più aggressivamente per sedare le violenze e salvare la faccia.
Ma esistono anche altri motivi. Mentre la porzione indiana del Kashmir è militarizzata e sostanzialmente sotto controllo, quella pakistana è fuori dal controllo di Islamabad. In più, con l’avvicinamento del Pakistan alla Cina e il deterioramento delle sue relazioni con gli Stati Uniti, ogni canale di comunicazione è stato chiuso e questo aumenta i rischi.
Il quadro geopolitico dell’area inoltre è molto cambiato e questo rende più scivoloso il terreno verso la guerra. Dalla guerra del Ladakh del 2020, infatti, il più sanguinoso scontro militare sino-indiano dagli anni 60, l’India si è concentrata sulla competizione con la Cina lungo la contestata Linea di Controllo Effettivo (LAC). Di fatto, Modi ha perseguito la distensione con il Pakistan per concentrarsi nella sfida con la Cina.
Nel contempo New Delhi ha accelerato la modernizzazione militare per colmare il divario con Pechino e prepararsi a una potenziale guerra con la Cina. Per dare dei termini di paragone, però, il bilancio della difesa pakistano è attualmente di circa 8 miliardi di dollari, quello indiano di 79 miliardi. Mentre analisti specializzati quotano il bilancio militare cinese a circa 400 miliardi di dollari e la Cina sta attualmente effettuando grandi manovre militari sull’Himalaya per far capire il suo coinvolgimento con il Pakistan, il cui scarso controllo del territorio ha portato lamentele cinesi per la protezione carente delle strutture e delle maestranze impegnate nella Belt and Road Initiative che potrebbero deteriorare i rapporti.
Anche gli USA sono parte in causa. Dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan, la collaborazione militare tra Stati Uniti e Pakistan si è rapidamente raffreddata. Dal canto suo, Donald Trump – che ha lanciato l’idea di riavviare la cooperazione in materia di sicurezza cercando accordi sullo sfruttamento delle riserve minerarie pakistane – potrebbe condizionare gli accordi di una pacificazione con l’India.
Ma Washington potrebbe seguire la corrente repubblicana, che vede nel contrasto tout court all’egemonia cinese in Asia l’unica strategia per il mantenimento del dominio americano. Trump quindi potrebbe anche decidere di non intromettersi e anzi di spalleggiare la reazione indiana per sfidare, testare e impegnare le reali capacità cinesi per un eventuale resa dei conti asiatica.
È significativo che il vicepresidente J.D. Vance e il direttore dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard abbiano entrambi parlato del sostegno americano alla lotta dell’India contro il terrorismo. Segno che da Washington potrebbero vedere pochi vantaggi sia nel mediare questo conflitto, sia nel non farlo espandere oltre India e Pakistan, per valutare la reazione cinese.
E perché no, anche per distogliere una parte delle risorse di Pechino dal fronte di Taiwan. Con il Pakistan, sostenuto dalla Cina, che ingaggia una guerra contro l’India sostenuta dagli USA. Il tutto per drenare e distogliere quante più risorse cinesi possibili dal fronte dell’Oceano Indiano e mettere in difficoltà Pechino.
Qualunque sia la direzione che la storia intraprenda in questa vicenda, siamo in ogni caso all’inizio di una nuova era.
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