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Home » Esteri » Medio Oriente » GUERRA ISRAELE-IRAN/ “Possibile un golpe dell’esercito a Teheran per tenere unito il Paese”

  • Medio Oriente
  • Usa
  • Esteri

GUERRA ISRAELE-IRAN/ “Possibile un golpe dell’esercito a Teheran per tenere unito il Paese”

Quella all’Iran è diventata la guerra per far cadere il regime di Khamenei, sostituendolo con l’esercito, le minoranze o un esecutivo filo occidentale

Int. Camille Eid
Pubblicato 19 Giugno 2025 - Aggiornato alle ore 11:36
Guerra Iran-Israele

Guerra Iran-Israele, sistema Iron Dome in azione a Tel Aviv (ANSA-EPA 2025)

Israele vuole ridisegnare il Medio Oriente e lo fa secondo le modalità che gli sono congeniali: attaccando l’Iran senza sosta. Per portare a termine il suo piano, tuttavia, Netanyahu ha bisogno delle superbombe USA (tra cui la GBU-57A/B MOP Massive Ordnance Penetrator) che potrebbero rendere inutilizzabili i siti nucleari nemici più protetti. Il vero obiettivo dell’operazione militare, tuttavia, sembra ormai la caduta del regime, il cui vuoto potrebbe essere colmato ricorrendo alle milizie che fanno capo alle minoranze del paese, oppure, spiega Camille Eid, giornalista libanese residente in Italia, collaboratore di Avvenire, attraverso l’esercito, che opterebbe per un golpe interno presentandolo come il modo per tenere unito l’Iran e scongiurare scenari peggiori. In attesa della conferma ufficiale dell’entrata in guerra degli USA, le parole di Trump sembrano lasciare poco spazio alle logiche diplomatiche: “resa incondizionata”, “la mia pazienza è finita”, “ultimo ultimatum”, sono espressioni che lasciano poco spazio a soluzioni diverse da quelle che comportano attacchi ancora più violenti all’Iran. Anche se poi, come al solito, il presidente USA insinua qualche dubbio sulle sue reali intenzioni.


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Che Trump decida di entrare in guerra direttamente oppure no, la sua richiesta di resa incondizionata equivale all’annuncio di uno scontro totale?

La decisione di entrare in guerra è stata presa, anche se ancora non comunicata. Ma gli americani stavano già contribuendo al conflitto non solo aiutando gli israeliani a difendersi dai missili iraniani, ma anche sostenendoli con la loro logistica per assicurare il rifornimento di carburante ai caccia che hanno attaccato l’Iran. Per non parlare poi del lavoro di intelligence. Ora però Israele ha bisogno delle bombe bunker buster per la distruzione dell’impianto nucleare di Fordo. Le useranno gli americani, che hanno già mosso le portaerei nella zona e che comunque hanno a disposizione le loro basi tra Kuwait, Qatar, Bahrain, che godono di una specie di extraterritorialità.


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A quel punto gli iraniani potrebbero attaccare le basi USA in questi paesi?

Gli Stati Uniti hanno avvertito di non toccare i loro soldati e, 24 ore prima dell’attacco, hanno consentito ai familiari dei militari di abbandonare le basi. Per ora l’Iran non si è mosso in questa direzione e non ha neanche mobilitato tutte le fazioni, le sigle filo-iraniane sparse tra l’Iraq e il Libano, per non far precipitare la situazione. Non so quanto durerà la guerra, ma gli israeliani hanno dimostrato una capacità superiore alle previsioni: hanno bombardato persino nella zona di Mashhad, nell’estremo nord-est dell’Iran, e grazie al loro spionaggio hanno colpito scienziati e comandanti iraniani.


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Qual è la strategia che guida gli israeliani?

Netanyahu è partito con un unico obiettivo: la distruzione del nucleare. Poi però, quando ha annunciato di aver neutralizzato le capacità nucleari iraniane, è andato avanti lo stesso. Segno che forse aveva in mente qualcos’altro. L’obiettivo sembra quello di ridisegnare le carte del Medio Oriente. Dopo aver colpito tutti i gruppi vicini all’Iran, come Hamas ed Hezbollah, Israele ha deciso di andare alla fonte e prendersela con Teheran. Sarebbero già in corso contatti sia da parte israeliana sia da parte europea con gruppi dell’opposizione curda, araba, beluci, che potrebbero dare l’assalto finale al regime. Il che preannuncia uno smembramento dell’Iran. Il paese è multietnico: i persiani sono poco più del 50% della popolazione, lo stesso Khamenei è azero. Insomma, si stanno giocando le carte per abbattere il regime. Non per niente Trump ha chiesto la resa incondizionata dell’Iran. D’altra parte, su 16 alte cariche militari del paese, 8 sono state oggetto di rimpasti o sono vacanti. Gli israeliani hanno colpito i vertici, soprattutto fra i Pasdaran.

L’Iran come è messo quanto a capacità militari?

Non vedo una grande intensità nel lancio dei missili verso Israele: il primo giorno ne hanno inviati 200, nelle notti successive il numero è calato fino ad arrivare a 30. Dovrebbero avere ancora 1.600 missili, ma a questo punto c’è da chiedersi dove sono e se li hanno tenuti per usarli solo in seguito.

L’attacco israeliano, quindi, di fatto punta a un cambiamento di regime. Ma per dare il potere a chi?

Per una rivolta popolare ci vuole una forza armata che la sostenga. Può essere che si verifichi un golpe interno da parte dell’esercito. Nel 1979 erano stati proprio i militari a dare una spallata allo Scià, prendendo posizione a fianco di Khomeini. Lo farebbero per salvare il salvabile, per fare in modo che tutto finisca senza altre distruzioni, mantenendo almeno l’unità del paese. I gruppi che fanno capo all’opposizione spesso agiscono nel Belucistan, a est, e nel Khuzestan, vicino a Bassora, ma si muovono localmente. Qualcuno, comunque, caldeggia anche il figlio dello Scià, Reza Ciro Pahlavi.

Perché c’è stata un’accelerazione dell’attacco: le trattative sul nucleare non stavano andando da nessuna parte?

Sulle trattative Trump cambiava idea anche nello stesso giorno: prima diceva di essere vicino all’accordo, poi di non avere grandi prospettive di riuscita.

Gli USA sono d’accordo nel provocare la caduta del regime?

Finora hanno usato la minaccia iraniana per esercitare una sorta di ricatto nei confronti dei paesi del Golfo, che infatti hanno speso montagne di soldi per commesse miliardarie nei confronti degli USA, relative a mezzi militari (aerei, per esempio) e non, per avere Washington dalla loro parte. Sono gli stessi soldi che poi gli americani hanno usato per finanziare Israele. Se l’Iran diventasse filoccidentale, non sarebbe più uno spauracchio per questi paesi. Gli Stati Uniti, in questo senso, hanno quasi interesse a mantenere un regime come quello attuale, anche se molto indebolito, per continuare ad avere questo ascendente sul Golfo. Dall’altra parte, invece, c’è Israele che vuole essere l’unica potenza regionale.

Cosa vorrebbe davvero Israele?

Stiamo assistendo alla nascita di un nuovo Medio Oriente. Secondo la visione di Netanyahu, tutto è possibile: il premier israeliano vede un nuovo regime in Iran alleato dell’Occidente. Ora si sta allarmando il Pakistan: lo stesso Netanyahu in passato aveva detto che una volta finito con Teheran sarebbe passato a Islamabad.

(Paolo Rossetti)

 

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Tags: Benjamin NetanyahuDonald Trump

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