Il conflitto tra Israele e Iran potrebbe avere ricadute per l'economia, specialmente europea, se venissero interessante le rotte marittime commerciali
Mentre proseguono gli attacchi reciproci tra Israele e Iran, le Borse ieri hanno fatto un passo indietro rispetto al rimbalzo di lunedì. Secondo Mario Deaglio, professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, in effetti «i mercati potrebbero aver sottovalutato la situazione».
Perché?
In parte perché sembrano non conoscere bene la geografia: l’Iran, infatti, potrebbe chiudere lo stretto di Hormuz o rallentare il passaggio di petroliere e navi gasiere e creare nuovi problemi nel Mar Rosso tramite gli Houthi loro alleati, con le conseguenze che possiamo immaginare sui trasporti marittimi e sui prezzi della materie prime energetiche.
Inoltre, mi sembra che si stia dando per scontato un taglio dei tassi da parte della Fed prima di settembre, ma non è affatto detto che ciò accada, perché non è ben chiaro quali siano stati finora gli effetti delle politiche commerciali dell’Amministrazione Trump sull’economia reale.
A proposito di economia reale, quali potrebbero essere le conseguenze del conflitto in corso tra Israele e Iran?
È difficile rispondere con precisione a questa domanda, perché molto dipende anche dalla piega che prenderanno gli eventi.
Se ci dovesse essere un allargamento del conflitto, in grado di influire in particolare sulle rotte commerciali o sulle infrastrutture energetiche di Paesi terzi nell’area, è molto probabile che ci possano essere ripercussioni per l’economia internazionale, in particolare per l’Europa che ha poche materie prime che però le servono per realizzare i prodotti che poi esporta. In questo momento mi sembra che siano più da osservare le conseguenze delle politiche commerciali degli Usa, in particolare sull’economia americana, e le decisioni della Fed.
Ci sono già delle conseguenze visibili?
Il dollaro si è deprezzato non poco in questi mesi rispetto alle altre principali valute e di fatto, quindi, le importazioni sono diventate più costose per i consumatori americani, al di là dei dazi annunciati e poi sospesi. Questo potrebbe avere conseguenze sull’inflazione e conseguentemente sulle decisioni della Fed relative ai tassi.
In questo momento, quindi, più che la situazione in Medio Oriente, per l’economia sono cruciali le decisioni relative ai dazi e la politica monetaria della Fed…
È così. Sarà interessante in questo senso già vedere quali saranno le conclusioni del Fomc della Fed di domani (oggi per chi legge, ndr). Ovviamente andrà nel frattempo monitorata la situazione dello scontro in atto, anche per capire quanto l’Iran è in difficoltà nel rispondere alle azioni israeliane, quanto gli Stati Uniti sosteranno Tel Aviv e cosa deciderà di fare il Pakistan, potenza nucleare, che ha già espresso solidarietà a Teheran.
Se ci fosse un rovesciamento del regime iraniano cosa cambierebbe per l’economia internazionale?
Difficilmente a quel punto verrebbero messe in atto azioni dannose per le rotte commerciali. Di fatto verrebbe meno un punto di tensione per l’economia internazionale. Ovviamente si tratterebbe poi di capire chi prenderebbe la guida del Paese e quali rapporti con il resto del Medio Oriente e del mondo intende sviluppare.
A proposito di dazi, si parla di un possibile accordo Usa-Ue per tariffe al 10% sulle merci europee. Sarebbe un buon accordo per noi?
Non sarebbe certo ottimale, ma si tratterebbe di una tariffa del tutto sopportabile per l’economia di Ue e Italia. Resta da capire se gli americani sarebbero pronti a siglare realmente un accordo su questa base: sappiamo che Trump è molto imprevedibile, quindi è difficile dirlo. In questo momento sul fronte dei dazi vedo più in difficoltà i Paesi vicini agi Usa, il Canada in particolare, per la cui economia l’export diretto negli Stati Uniti è fondamentale.
(Lorenzo Torrisi)
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