Eravamo ancora negli anni Ottanta quando un amico mi fece ascoltare una cassetta di questo straordinario chitarrista. La misi nel walkman e subito pensai di aver preso una fregatura, perché nel primo pezzo stavano suonando in due e non un chitarrista acustico solista, come lui mi aveva detto.
A quei tempi non c’era YouTube (e neanche internet, a dirla tutta) e così impegati un po’ a rendermi conto che il chitarrista era uno solo, e si chiamava, appunto, Michael Hedges. Ascoltiamo e vediamo, eseguito dal vivo, proprio quel brano, Aerial Boundaries.
Aveva 34 anni Michael Hedges al tempo di questo video, e tre anni prima, nel 1984 era uscito il cd omonimo, “Aerial Boundaries”, che aveva seguito il superbo biglietto da visita del 1981, “Breakfast in the Field”.
Senza addentrarci nella discografia, né nella biografia, bisogna però almeno dire che Michael, oltre a nutrire un profondo amore per lo strumento che scelse, la chitarra acustica, ed aver ascoltato e studiato i grandi – finger pickers e non solo – studiò poi anche composizione e laureandosi in questa materia.
Questo fece sì che, oltre a elaborare un originalissimo stile, che rivoluzionò lo stesso concetto di chitarra acustica, questa sua enorme maestria tecnica non rimase mai fine a se stessa, ma venne messa al servizio delle sue fervide idee compositive.
Quindi nel caso di Michael Hedges non vedremo mai solo "fuochi d’artificio", non si potrà mai parlare di tecnica separata dal cuore, ma di un unicum in cui la sensibilità profonda del compositore si sposa con la maestria innovativa dell’esecutore.
Una volta durante un concerto – lui girava sempre da solo, one man band – un fan dalla platea urlò: «Adesso suonaci qualcosa di imprevedibile!». E dopo un attimo di gelo, nel silenzio lui tranquillo rispose: «È quello che sto provando a fare da tutta la vita». L’ovazione del pubblico fu inevitabile.
Ma in cosa consiste la grande novità di Michael Hedges? Innanzitutto nel prendere sul serio le sue radici. Ragazzo dell’Oklahoma, ama Neil Young (gli dedicherà un omaggio con una versione di After the Goldrush, in cui il tema non è cantato, ma eseguito al basso fretless dal suo amico e collaboratore, il grande bassista Michael Manring), ma anche John Martyn, Leo Kottke, insomma tutto il mondo della chitarra acustica.
Molti di questi chitarristi già usavano le cosiddette Open tunings, o accordature aperte, cioè in breve delle maniere di accordare (alzando o abbassando) alcune corde dello strumento per offrire nuove possibilità, timbriche e armoniche. Ma lui va all’estremo di questa opportunità, inventando e sperimentando tutta una serie di nuove accordature.
E poi non gli basta usare solo la mano sinistra sul manico, ma comincia ad applicare la tecnica del tapping, l’uso della mano destra per andare a intrecciare altre note, armonici veri o artificiali e una serie di nuovi suoni mai uditi prima. Entrambe le mani poi, quando serve, creano un diluvio di percussioni e lo strumento viene sfruttato in una serie di nuove possibilità.
Ma Michael cantava, anche, e il secondo brano proposto, Follow through, ci fa gustare la sua capacità di accompagnare una canzone in maniera assolutamente originale, cantandola, e al tempo stesso offrendo un intero campionario della sua tecnica strumentale.
Non so perché ho aspettato così tanto a proporvi questo artista, che è uno fra i miei preferiti in assoluto. Forse perché in fondo non si tratta di un assolo accompagnato da una band, ma di una vera e propria performance solistica. In ogni caso proporlo ora, fine novembre-inizio dicembre, riveste un’importanza particolare, assumendo anche la rilevanza di un anniversario.
Infatti un incidente stradale ci ha portato via Michael Hedges il primo dicembre del 1997.
Gustatevi come regalo finale una delle ultime canzoni che ha scritto, e registrato quasi come un demo, in pre-produzione. David Crosby e Graham Nash hanno registrato i background vocals, come un estremo tributo al grande artista, alcuni mesi dopo la morte, creando un ultimo, prezioso gioiello senza tempo.