Hakan Sukur era considerato uno dei calciatori turchi più forti di tutti i tempi. Ora vive a Washington e per guadagnarsi da vivere vende libri e guida con Uber. Lo ha rivelato l’ex attaccante di Inter, Parma e Torino nell’intervista rilasciata Welt am Sonntag. «Non mi è rimasto niente», ha spiegato. E la colpa di chi è? Erdogan. Non usa mezzi termini Sukur, anzi va dritto al punto. «Si è preso tutto ciò che era mio. Il mio diritto alla libertà, quello di esprimermi e quello al lavoro». L’incubo per l’ex calciatore è cominciato quando entrò in politica schierandosi proprio col partito del presidente turco. Il loro idillio però finì subito, così i suoi beni furono confiscati e lui fu costretto a scappare negli Stati Uniti. «Il partito mi ha invitato a beneficiare della mia popolarità. Poi sono iniziate le ostilità. Hanno lanciato pietre nella boutique di mia moglie, i miei figli sono stati molestati per strada». Hakan Sukur ha raccontato anche di minacce ricevute dopo ogni sua dichiarazione.
HAKAN SUKUR, DA CALCIATORE AD AUTISTA UBER: “ERDOGAN MI HA TOLTO TUTTO”
Quando Hakan Sukur se ne è andato dalla Turchia le cose per lui e la sua famiglia non sono migliorate. «Quando me ne sono andato, hanno rinchiuso mio padre e tutto ciò che avevo è stato confiscato». Nell’intervista a Welt am Sonntag ha spiegato che è stato un momento molto difficile per la sua famiglia, e non solo. «Chiunque aveva a che fare con me aveva difficoltà finanziarie». Quando ha aderito al partito di Erdogan, la Turchia era un Paese conforme agli standard Ue, poi le cose sono cambiate. «La politica di Erdogan ha portato alla rigidità ed è stata presa una direzione completamente diversa: un orientamento verso il Medio Oriente anziché verso l’Europa». Ma Hakan Sukur è anche accusato di aver avuto un ruolo nel golpe del 2016: «Cosa avrei fatto? Fino a oggi nessuno è stato in grado di spiegarlo. Ho fatto solo cose legali nel mio Paese. Possono indicare quale crimine avrei commesso? No, sanno solo dire “traditore” e “terrorista”». Ma ha voluto comunque fare un appello al presidente turco: «Torna alla democrazia, alla giustizia e ai diritti umani. Interessati ai problemi della gente. Diventa il presidente di cui la Turchia ha bisogno».