Hamas rifiuta proposta USA avanzata da Witkoff per cessate il fuoco di 60 giorni a Gaza: insufficienti garanzie sul ritiro di Israele e aiuti umanitari
Hamas ha comunicato, attraverso un proprio alto dirigente, la decisione di respingere l’ultima proposta americana per una tregua nella Striscia di Gaza, nonostante il via libera arrivato da parte di Israele; la Casa Bianca aveva infatti annunciato nella giornata di ieri che il governo israeliano aveva accettato il piano formulato dall’inviato statunitense Steve Witkoff, mentre si attendeva ancora una risposta ufficiale dal gruppo armato palestinese e secondo fonti della stampa israeliana, il piano prevedeva la liberazione di dieci ostaggi vivi e diciotto salme da parte di Hamas, in due fasi distinte, in cambio di una tregua della durata di sessanta giorni e della scarcerazione di detenuti palestinesi attualmente reclusi in Israele.
Ma è stato spiegato da un rappresentante del movimento che la proposta non risponde ai punti considerati fondamentali da Hamas, tra cui la cessazione definitiva delle operazioni militari nella regione; il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, aveva confermato alle famiglie degli ostaggi che il governo aveva accettato il piano, mentre dalla parte palestinese è stato chiarito che Hamas fornirà una risposta scritta nei tempi ritenuti opportuni, mantenendo intanto i canali di contatto con i mediatori internazionali in attività.
Hamas e Israele divisi sulla tregua: posizioni inconciliabili sul cessate il fuoco a Gaza
Le divergenze tra le due parti restano profonde e apparentemente inconciliabili: Israele ha infatti reintrodotto un blocco totale su Gaza e ha rilanciato l’offensiva militare contro Hamas a partire dal 18 marzo scorso – una mossa che ha messo fine a una tregua durata due mesi e raggiunta grazie alla mediazione di Stati Uniti, Qatar ed Egitto – e Netanyahu, inoltre, ha dichiarato l’intenzione di continuare a esercitare pressione sul movimento per ottenere il rilascio dei 58 ostaggi ancora nelle mani di Hamas, di cui si stima che almeno venti siano in vita.
Il 19 maggio, l’esercito israeliano ha avviato un’operazione su vasta scala che, secondo il primo ministro, avrebbe come obiettivo il controllo completo di tutte le aree della Striscia; Hamas, da parte sua, ha riaffermato la disponibilità a restituire tutti i prigionieri in cambio di una fine duratura delle ostilità e di un ritiro totale delle forze israeliane da Gaza.
Ma secondo quanto riferito dalla BBC, i rappresentanti dell’organizzazione palestinese sostengono che l’offerta americana non includa sufficienti garanzie per convertire la tregua temporanea in un cessate il fuoco permanente, né contempli il ripristino del meccanismo dell’aiuto umanitario che, durante l’ultima interruzione dei combattimenti, permetteva l’ingresso quotidiano di centinaia di camion con aiuti di prima necessità.
Intanto, la situazione umanitaria nella Striscia continua a peggiorare e stando al ministero della salute controllato da Hamas, quasi quattromila persone sono morte nelle ultime dieci settimane; le Nazioni Unite riportano, inoltre, che circa seicentomila persone sono state nuovamente costrette a sfollare e oltre mezzo milione rischia livelli estremi di insicurezza alimentare nei prossimi mesi.