Sono in allarme gli utenti dell’IPhone, che si sentono controllati dalla casa madre del nuovo gioiello tecnologico. È emerso infatti che la
Apple ha la possibilità di controllare a distanza tutti gli iPhone e disabilitare, qualora lo ritenga opportuno, applicazioni e software installati sui terminali degli utenti. Dopo una settimana di indiscrezioni in proposito, è stato lo stesso amministratore delegato Steve Jobs ad ammetterlo a margine di un colloquio con il Wall Street Journalsull’andamento lusinghiero delle vendite delle applicazioni per il gadget tecnologico più desiderato del momento.
Ma sembra che si tratti solo di una garanzia di sicurezza in casi estremi. Infatti, ha affermato Jobs, se esiste la possibilità per Apple di rimuovere software in remoto dai propri telefoni, tale rimedio estremo viene utilizzato solo in caso di distribuzione di un programma dannoso attraverso l’Apple App Store, il negozio online al quale è necessario ricorrere per scaricare e installare programmi sul telefono: «Speriamo di non aver mai bisogno di tirare quella leva», ha aggiunto, «ma sarebbe irresponsabile non avere una maniglia come quella da tirare in caso di necessità».
Tutto ebbe inizio con la discussione sull’esistenza del “kill switch”, l’interruttore killer, iniziata da una settimana sui forum degli appassionati in rete e nei siti specializzati in software e telefonia. Ad accenderla era stato Jonathan Zdziarski, uno sviluppatore di codice indipendente che, esaminando i file all’interno del telefono, si era reso conto che l’apparecchio di tanto in tanto scarica dalla casa madre un file di “applicazioni non autorizzate” inserite in una lista nera, che potrebbero poi essere eliminate in automatico dalla memoria del terminale. Il fatto, precisava lo stesso Zdziarski, non significa che Apple abbia la capacità di spiare i telefoni per sapere cosa contengano, ma vuol dire che potrebbe invece cancellare dai terminali – se presente – software inserito in una lista nera e ritenuto indesiderato.
Ma tanto è bastato perché si iniziasse a parlare di violazione dei diritti dei consumatori. Innanzitutto per la mancata trasparenza, considerato che si tratta di una informazione che un acquirente potrebbe voler conoscere prima di acquistare il telefono. In secondo luogo per la possibile falla alla sicurezza: che accadrebbe se qualcuno utilizzasse tale funzionalità per danneggiare i terminali degli utenti? Infine, e soprattutto, per la discrezionalità lasciata ad Apple: chi decide quali sono le applicazioni potenzialmente dannose? Mentre la cosa è ovvia per un software che ad esempio ruba i dati personali degli utenti, la questione non è altrettanto chiara per programmi ritenuti da Apple illegittimi per ragioni commerciali o di politica industriale. Se a fare una cosa analoga fosse stato Bill Gates, su tutti i pc equipaggiati con il sistema operativo Microsoft, sarebbe scoppiata una bagarre.
Leve d’emergenza o no, ci si chiede fino a che punto le case madre abbiano diritto a tenere sotto controllo ciò che acquistiamo.