E così all’improvviso Twitter chiude Vine, basta, addio, sospensione e crisi: la notizia rimbalza dagli Stati Uniti dove la società di Jack Dorsey ha deciso di interrompere il servizio che aveva solo 3 anni e mezzo fa pagato a caro prezzo sull’onere di svariati milioni di dollari. Il tutto mentre Twitter, dopo mesi di crisi, torna a crescere in Borsa a Wall Street con gli ultimi ricavi risaliti e con questa notizia che è stata accolta molto bene dagli investitori. Ma per i “comuni” mortali poco avvezzi all’economia la chiusura di Vine rappresenta un passaggio di epoca: nell’era dei meme e delle condivisioni di video brevi, gli antesignani e precursori del genere, acquistati nel 2013 da Twitter, sono ora costretti a chiudere baracca e andare a casa. Come? Come riporta la Reuters Usa, «Twitter vara un taglio del 9% della forza lavoro a livello mondiale per far fronte al rallentamento del fatturato dopo che sono falliti i progetti di cessione della società, e decide di chiudere Vine, l’applicazione per video che ha pagato a caro prezzo solo alcuni anni fa e che doveva permettere agli utenti del social network di postare con poca fatica contenuti multimediali» (fonte Gazzetta di Parma). I ricavi sono saliti per Twitter ma per Vine invece i risultati sono molto meno di quelli attesi, quando qualche tempo fa impazzavano online i video brevi di 10 secondi voluti da Vine. Sembra paradossale, ma la tecnologia invece che andare per una sempre minor prestazione in termini di tempo, fa un esercizio posto e “preferisce” il video più lungo o un’immagine animata. «Gli abbandoni di Vine da parte di tante star della prima era di Vine, hanno danneggiato ulteriormente il prestigio culturale del social network, già abbastanza fragile nel panorama di internet. Oggi i marchi come Audi e Moët si rivolgono a Saynt per farsi promozione, ma guardano solo Instagram, YouTube, Snapchat e Facebook, in quest’ordine» ha raccontato Saynt al Post. Chiude tutto, ma Twitter ora migliorerà davvero?