NON BASTAVA IL QATARGATE: IN PARLAMENTO UE ESPLODE UN NUOVO SCANDALO CON HUAWEI
Se dopo due anni il caso Qatargate ancora non si è trovato un vero bandolo della matassa, al già complesso scenario interno al Parlamento Ue si aggiunge ora un altro potenziale scandalo esploso stamane con perquisizioni e arresti a Bruxelles e in Portogallo: lo ribattezzano già “Huawei-gate”, con il colosso di telefonia e tecnologia della Cina che avrebbe avuto rapporti di corruzione con alcuni membri del Parlamento Europeo, oltre ad assistenti e lobbisti vari.
L’inchiesta rivelata da “Le Soir” – che già aveva sganciato la “bomba” Qatargate a fine anno 2023 – parte dalla operazione della polizia belga denominata “Generazione” e che pone al centro delle accuse un quadro di corruzione e favori che il colosso delle telecomunicazioni di Pechino avrebbe “allungato” verso parte del Parlamento Europeo. Le notizie al momento sono svariate ma tutte in arrivo da “Le Soir” e “Politico”, con alcuni nomi già emersi ma che non riguardano per il momento i 15 eurodeputati che potrebbero essere coinvolti (e che avranno il sacrosanto diritto di difendersi da accuse, come nel caso del Qatargate, che potrebbero segnare la carriera politica e la vita stessa).
LE ACCUSE E LA “REGIA” ITALIANA: I PRIMI NOMI COINVOLTI
Sarebbero state migliaia di euro i soldi spesi da Huawei per far pervenire tangenti, smartphone, ma anche biglietti per partite allo stadio dell’Anderlecht (e non solo) ad almeno 15 Europarlamentari della scorsa legislatura: stamane la retata all’alba ha visto l’arresto di svariati lobbisti legati al Huawei-gate, con l’accusa di aver interferito (con corruzione) con il Parlamento Ue. Nello specifico al centro dell’intera inchiesta vi sarebbe un lobbista italiano 41enne, tale Valerio Ottati (nome effettuato dal quotidiano belga “Le Soir”, ndr) che è attualmente dirigente in Huawei ma che in passato sarebbe stato per quasi 10 anni assistente di due eurodeputati italiani, uno in quota PPE e l’altro fra i socialisti europei (S&D).
Falsificazione, corruzione ma anche riciclaggio di denaro: queste le accuse specifiche mosse ai vari lobbisti arrestati, due anni dopo l’esplosione del Qatargate che già aveva messo in ginocchio per mesi i lavori del Parlamento Ue. I legami con la Cina dell’azienda tech aumenta il grado di interesse e “peso” dell’inchiesta che pone il sospetto di legami non chiari tra membri del potere europeo e le stanze segrete del regime di Xi Jinping. Se già in passato Huawei aveva destato alcuni sospetti dalla Commissione Ue e anche dagli Stati Uniti per affari non del tutto “legali”, anche per l’utilizzo di molti lobbisti “satellite” del gruppo cinese, le accuse ora risultano ben più gravi.
Ottati al momento viene vitato come potenziale punto di contatto fra il mondo di Bruxelles e Strasburgo, e l’azienda di Pechino: avrebbe organizzato gli incontri con i deputati Ue, creato eventi appositi per “finanziare” i politici in cambio di favori all’azienda ancora non ben definiti dalle indagini. Cellulari, biglietti per le partite e vari agi da migliaia di euro sarebbe stata la “merce di scambio” per avvicinare Huawei e i membri del Parlamento Europeo. Per ora questa è solo un’accusa e servirà capire la replica sia dell’azienda cinese e sia dei nomi degli europarlamentari che presumibilmente nelle prossime settimane potrebbero emergere dalle carte, esattamente come già avvenuto con il Qatargate in questi anni.