I 3 punti “segreti” di Zingaretti su Governo Pd-M5s/ Quali sono: lo faranno saltare?
I 3 punti “segreti” che Zingaretti avrebbe presentato a Mattarella per un Govenro Pd-M5s: quali sono e perché rischiano di far saltare tutto. L’ira di Renzi e grillini

Nel pieno delle consultazioni al Quirinale sulla crisi di Governo, il Partito Democratico – e anche il Movimento 5 Stelle – piombano nel “caos” per l’uscita di una “velina” ufficiosa che avrebbe messo sul piatto tre punti-condizioni che il Segretario del Pd Nicola Zingaretti avrebbe posto al Presidente Mattarella nel corso del colloquio questa mattina. Abolizione totale dei due decreti sicurezza; accordo di massima – prima della formazione del governo – sulle misure della manovra economica; no alla legge della riforma sul taglio dei parlamentari per come è stata scritta e votata fino a oggi: questi i “punti segreti” che di colpo hanno riacceso le polemiche e le “controveline” tanto internamente al Movimento 5Stelle quanto ovviamente nel Pd, dove l’ala di Renzi non ha gradito per nulla la presentazione di tali “condizioni” dopo che ieri in Direzione Nazionale Pd la stessa corrente renziana aveva approvato all’unanimità la relazione di Zingaretti che annunciava i 5 punti programmatici per un possibile dialogo pro-Governo con i M5s. Eccoli quelli “ufficiali” decisi ieri dal Pd: «Appartenenza leale all’Unione europea; pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa, a partire dalla centralità del parlamento; sviluppo basto sulla sostenibilità ambientale; cambio nella gestione di flussi migratori, con pieno protagonismo dell’Europa; svolta delle ricette economiche e sociale, in chiave redistributiva, che apra una stagione di investimenti». Solo che oggi, dopo l’uscita di quell’agenzia, il caos è esploso all’interno del Partito del Nazareno.
I 3 PUNTI DI ZINGARETTI: LE REAZIONI DEI RENZIANI E DEL M5S
Nel pieno delle “trattative” fra grillini e dem sulla possibilità di un Governo di legislatura Zingaretti-Di Maio, questi tre punti “segreti” emersi poco fa prima che il Movimento 5 Stelle arrivi al Quirinale per le consultazioni avrebbero rimescolato le carte in tavola. «Ci aspettiamo che vengano smentite, è stata data piena fiducia e pieno sostegno al segretario: in Direzione non abbiamo né discusso né votato quei 3 punti», ha spiegato un big renziano a Repubblica. Invece le fonti ufficiali del Pd hanno fatto sapere: «Le tre condizioni poste da Zingaretti sono le traduzione dei 5 punti compresi nell’Ordine del giorno votato all’unanimità, per acclamazione, dalla Direzione del Pd […] Lo stop alla riduzione dei parlamentari è legata al lavoro da fare su una riforma organica, ampia, che comprenda anche il taglio dei parlamentari insieme a altri punti, a partire da una legge elettorale coerente». Se così fosse confermato, si metterebbe in chiaro una frattura netta tra la corrente maggioritaria e quella di Renzi, che infatti ha reagito con una ulteriore “velina” «Se di fronte al rischio della destra, con Salvini e Meloni in primissima linea, qualcuno nel Pd pensa di far saltare il banco se ne assumerà la responsabilità», spiega Anna Ascani, mentre Orfini richiama all’ordine i suoi compagni di partito «Lo dico a tutto il Pd: a consultazioni aperte non ci si parla con veline e contro veline. Non si fanno esegesi anonime. Non si gioca con le dichiarazioni fatte da ‘fonti vicine a’. Si va al Quirinale e si parla lì. Per rispetto al Capo dello Stato, al Paese. E anche a se stessi». Ad aggiungere pepe allo scontro-trattativa, un’altra velina questa volta del M5s sorprendeva un po’ tutti prima delle consultazioni, proprio qualche minuto fa «Avanti con il dialogo col Pd, la maggioranza dei gruppi parlamentari è a favore», ma poco dopo arriva subito la smentita delle fonti ufficiali in casa M5s, «nessuna trattativa avviata col Pd, smentiamo con forza. La posizione ufficiale la daremo al Colle: stop alle indiscrezioni». Insomma, tutto aperto, tutto in forse e tutto con un’estrema “scadenza a tempo”: forse già questa sera sarà tutto o cancellato in nome di un Governo giallorosso o acuito da una frattura che inevitabilmente porterebbe ad elezioni anticipate.
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