Può essere interessante guardare ai dati sul mercato del lavoro in Veneto, anche relativamente ai contratti a tempo determinato o part-time
La politica salariale italiana è tornata prepotentemente alla ribalta con le parole del Presidente Mattarella: “I salari reali a marzo 2025 sono dell’8% più bassi rispetto a quelli di gennaio 2021”, ha detto, riferendosi alla quantità di beni e servizi acquistabili con il salario monetario, che oggi è inferiore a quattro anni fa.
Ma sono ancora ben vivide le ammonizioni fate da Mario Draghi lo scorso dicembre: “Le politiche europee hanno tollerato una bassa crescita salariale come mezzo per aumentare la competitività esterna, aggravando il debole ciclo reddito-consumo. I decisori politici hanno rivelato una preferenza per una particolare costellazione economica, basata sullo sfruttamento della domanda estera e sull’esportazione di capitale con bassi livelli salariali. Ma questa costellazione non è più sostenibile”.
Vale la pena tener presente questi moniti oggi, primo maggio, festa del lavoro ma anche occasione di riflessione sul valore del lavoro.
“Il Veneto, storicamente terra di impresa e di occupazione, ha dimostrato di saper rispondere con resilienza, capacità di adattamento e spirito di innovazione alle trasformazioni che il mercato del lavoro ha vissuto negli ultimi anni – sostiene Tiziano Barone, direttore dell’agenzia regionale Veneto Lavoro -. Al netto del periodo pandemico, il numero degli occupati in regione è risultato in costante crescita: in Veneto nel 2024 gli occupati sono 2 milioni e 230 mila, il 5% in più rispetto al 2018, di cui 1 milione e 600 mila (l’88%) a tempo indeterminato.
Il tasso di occupazione nella fascia 15-74 anni è passato dal 58,1% al 61,2%, a fronte di una media italiana del 54,1%. Il tasso di occupazione femminile è salito al 53,5% (8 punti percentuale in più della media nazionale) e il tasso di disoccupazione è sceso sotto il 3% (era al 6,5% nel 2018)”.
A fine 2024 il bilancio occupazionale era positivo per 31.200 posizioni, al di sopra dei livelli registrati nel 2019 in periodo pre-pandemico. Nei primi tre mesi del 2025 s’è confermata la crescita con +21.300 posti.
Ma bisogna guardare anche, ancor più in tempi di difficoltà nel recruiting del personale, alla qualità del lavoro, legata alla questione salariale (frutto di contrattazione, cuneo fiscale, produttività e welfare aziendale) e a posti di lavoro stabili e duraturi, in grado di valorizzare le competenze di ciascun lavoratore, ed equità nell’accesso al mercato del lavoro anche per quelle componenti della forza lavoro oggi più penalizzate: donne, giovani, lavoratori svantaggiati, persone con disabilità, stranieri.
“Da questo punto di vista . continua Barone -, quelli che possono sembrare segnali di precarietà, come la preponderanza di assunzioni a termine o la diffusione del part-time, in realtà riflettono, almeno in parte, la struttura economico-produttiva del Veneto. Nell’ultimo anno il divario tra i settori manifatturieri e i servizi si è accentuato: mentre il comparto industriale ha affrontato una fase di contrazione generalizzata dei livelli di crescita, soprattutto per le difficoltà attraversate dai comparti del manifatturiero, i servizi hanno mantenuto una dinamica più favorevole grazie al buon andamento del turismo.
L’elevato numero di assunzioni di breve durata in alcuni ambiti occupazionali è quindi riconducibile (anche) alle necessità organizzative di alcuni settori, ad esempio come risposta a dinamiche stagionali o picchi produttivi, e dovrebbe essere considerato contestualmente alla dinamica del tempo indeterminato, risultata in forte crescita”.
Così come accade per l’aumento del part-time, solitamente interpretato come tratto di precarietà. “E invece – dice Baroni – l’incremento di questa tipologia contrattuale si può ricondurre prevalentemente ad ambiti lavorativi del terziario, dove la riduzione oraria è funzionale all’organizzazione stessa del lavoro e quindi, di nuovo, alle caratteristiche del nostro tessuto economico. La crescita del contratto a tempo parziale si è in realtà accompagnata negli ultimi anni a una crescita complessiva dell’occupazione dipendente, caratterizzandosi in molti casi come una precisa scelta di conciliazione dei tempi di vita e lavoro da parte di lavoratori e, soprattutto, lavoratrici”.
Ma la qualità del lavoro non si esaurisce soltanto in condizioni contrattuali adeguate, ma richiede anche un’azione costante verso persone, imprese e sistemi. “Per le persone in cerca di lavoro – conclude Baroni -, in termini di servizi di orientamento e accompagnamento nelle proprie scelte professionali. Per le imprese, servizi efficaci di incontro tra domanda e offerta per individuare e selezionare il capitale umano necessario. Per i sistemi, ricordando continuamente che la questione demografica, la difficoltà di trovare alloggi a costi ragionevoli e la programmazione dei flussi migratori rappresentano tre fattori strutturali con i quali è necessario fare i conti.
È attraverso la collaborazione tra un sistema pubblico presente ai bisogni e innovativo nelle soluzioni, insieme ai soggetti privati accreditati capaci di fornire competenze laddove richieste, che possiamo rendere effettivo il diritto di ciascuno a un lavoro dignitoso e gratificante”.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.